Domenica 27 Dicembre 2020

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

Omelia di Don Edmondo Lanciarotta  –  parroco

Celebriamo oggi quella ‘parte’ del mistero del Dio-con-noi che chiamiamo la ‘Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe’; quell’aspetto della storia del Verbo Incarnato vissuto all’interno di una ‘famiglia’, nel segreto nascosto di una ‘normale’ famiglia; quel vissuto, quella partecipazione alla condizione umana del Verbo di Dio fatto uomo nel Bimbo di Betlemme come ogni creatura che viene al mondo all’interno di una famiglia. E in questa celebrazione siamo invitati a contemplare il progetto di Dio, il sogno di Dio, il desiderio di Dio realizzato nella Santa Famiglia di Nazareth e che desidera realizzare in ogni famiglia, in ogni realtà umana che chiamiamo ‘famiglia’: contemplare vuol dire vedere, cercare di vedere la realtà dalla prospettiva di Dio, cercar di conoscere la realtà della ‘famiglia’ dalla prospettiva di Dio, cercar di cogliere l’azione di Dio, l’intervento di Dio nella storia umana all’interno e attraverso la ‘Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe’ in modo da poterla cogliere anche all’interno delle nostre famiglie.

Siamo invitati oggi, abbiamo la possibilità, in questa celebrazione eucaristica, ci è data la grazia di poter cogliere nelle nostre famiglie alcuni tratti, alcuni segni, alcune caratteristiche riconducibili alla Santa Famiglia, e che possono animare, far vivere, esprimere dimensioni nascoste, dimenticate, smarrite, ma sempre presenti nelle nostre famiglie: in questa eucaristia siamo invitati allora ad inserire il più possibile le nostre famiglie, tutte le famiglie: inserirle dentro il mistero della Santa Famiglia, per rigenerarle a vita nuova, per riscoprire la loro bellezza, per ricomprendere la loro vocazione, per continuare a vivere il mistero del Natale, cioè la presenza del Dio-con-noi, che si nasconde e si rivela dentro la condizione umana, e dentro quella realtà umana primordiale che chiamiamo ’famiglia’.

Nel nostro mondo occidentale, nella nostra cultura contemporanea vi sono ben diciotto tipi o modelli o modalità o vissuti che chiedono, pretendono, si presentano con il nome di ‘famiglia’ e questo, immediatamente, a tante persone, crea sconcerto, confusione, smarrimento, offre il fianco a facili interpretazioni e giudizi affrettati o a schieramenti ideologici e classificazioni pericolosi con conseguenti forme di emarginazione di coloro che ne sono coinvolti direttamente. Allora, prima di scivolare in giudizi affrettati o, peggio, a condanne sommarie in base a posizioni ideologiche culturali, tradizionali, almeno noi, convocati all’eucaristia in questa meravigliosa festa della Santa Famiglia, accogliamo la grazia di sostare in contemplazione della Santa Famiglia e di gustare la bellezza di questo mistero e scoprirne alcuni tratti presenti nelle nostre realtà familiari, in modo da approfondire e vivere sempre più nella nostra realtà personale e familiare il mistero di Dio. Poi, se avanza tempo, avremo la possibilità, saremo messi nelle condizioni anche di esprimere riflessioni circa i tipi e i modelli e le manifestazioni sociali e culturali che avanzano la richiesta di essere chiamate ‘famiglia’.

Certamente lungo la storia la ‘famiglia’ ha cambiato aspetto, modalità, esperienze; è stata variamente interpretata e vissuta e considerata a seconda di culture e tradizioni e mentalità diverse. Ebbene, la liturgia di oggi nel presentarci la Santa Famiglia, nella preghiera iniziale afferma che il Signore ‘ci offre un vero modello di vita’: si tratta di accogliere questo modello, in modo che ‘nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore’ presente nella Santa Famiglia.

Chiediamo, allora, allo Spirito Santo operante in questi misteri di saper cogliere i segni e i tratti di Dio-con-noi presenti nelle nostre famiglie e di poterli vivere ogni giorno nel cammino della vita. Desidero, in breve, richiamare solamente tre aspetti, con l’augurio che siano approfonditi da ciascuno di noi, e possibilmente anche come comunità cristiana.

 

basilica S. Giuseppe – Nazareth

1.Maria e Giuseppe

Maria e Giuseppe si amano. Sono sposi: si sono dichiarati sposi: il loro amore è umano, prettamente umano. Prima della festa di nozze e di riceverla in casa, Giuseppe viene a conoscenza di quanto sta accadendo in Maria. E in silenzio continua ad amarla. Il loro amore è umano. E in questo loro amore umano si fa spazio l’accoglienza dell’intervento di Dio, la presenza di Dio: il loro amore umano si apre all’amore di Dio e così diventa divino. Questo è il mistero dell’amore: da qualunque prospettiva lo possiamo vedere, se è amore, viene da Dio e coloro che sono coinvolti in questo amore hanno la possibilità, la grazia, di scoprire in esso la presenza di Dio, cioè che il loro amore umano è divino. Tutti gli sposi, tutti coloro che dicono di amarsi, tutti coloro che sono legati dall’amore sponsale, hanno la possibilità di scoprire che l’origine del loro amore è Dio; tutti possono scoprire nella ‘bellezza’ del loro amore, la ‘bellezza’ dell’amore di Dio. L’amore sponsale diventa così sacramento di Dio, sacramento, segno e strumento della presenza e dell’azione di Dio, segno e strumento dell’amore di Dio.

Tutti gli sposi cristiani, prima ancora di fare ‘prediche’ ai loro figli o, peggio, agli altri, prima di esprimere giudizi sul comportamento di altri circa il matrimonio e la vita coniugale sono inviati a scoprire nel loro amore l’amore di Dio e a far innamorare i propri figli di questo amore stupendo e meraviglioso. Sono invitati a far innamorare i propri figli della bellezza del loro amore sponsale: bellezza che diventa sempre più luminosa ed attraente attraverso anche le prove e le sofferenze, le fatiche e le povertà della condizione umana, nel fluire del tempo della propria storia.

2.portarono il Bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore

Gesù, il figlio. E’ di Dio, affidato a Maria e custodito da Giuseppe. Non è ‘loro’, non è proprietà di Maria e di Giuseppe: ma di Dio, affidato a loro, affinchè attraverso di loro possa scoprire la sua chiamata, la sua vocazione, la sua profonda identità e missione: possa scoprire cioè la volontà di Dio e liberamente accoglierla nella propria vita.

Quindi il figlio non è qualcosa di ‘dovuto’, ma qualcosa di ‘gratuito’: non è un ‘diritto’ dei coniugi, ma un ‘dono’: il figlio è di Dio affidato ai genitori affinchè possa scoprire la sua chiamata e rispondere in obbedienza, come il Figlio Gesù. Non è proprietà dei genitori, non è a disposizione per la gloria e la fama dei genitori, non è per soddisfare i piaceri e le attese dei genitori: è dono, affidato, con un destino, un futuro stabilito da Dio e che i genitori sono chiamati a concorrere a realizzare in obbedienza a Dio.

3.Fecero ritorno in Galilea alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva…

La famiglia di Nazaret: ora dopo ora, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno: tutti sapevano tutto di quella famiglia, ma in realtà nessuno sapeva nulla. Dio è presente in questa famiglia, ma nessuno se n’era accorto. E’ una famiglia normale, troppo normale, in cui tutti pensano di sapere e conoscere, e invece nessuno sa e conosce in verità ciò che accade nel più profondo, nell’intimo, nel segreto delle mura di casa e nel profondo del cuore dei componenti la famiglia: in ascolto della volontà di Dio, in preghiera e silenzio, per crescere nell’obbedienza a Dio.

Il bambino Gesù vive per trent’anni nel silenzio della casa di Nazaret: apprende la cultura e la religione del suo popolo, è introdotto alla fede dei Padri, alla lettura della Sacra Scrittura, alle profezie e alla sapienza, all’incontro di preghiera il sabato in Sinagoga, ai riti del tempio a Gerusalemme nelle occasioni di festa: Gesù è educato alla fede e alla vita dai loro genitori: in obbedienza alla volontà di Dio, nella fedeltà e nel silenzio della vita quotidiana. E nessuno si accorgeva. Nessuno si è accorto di nulla. Eppure Dio era presente. E Maria e Giuseppe, non hanno manifestato nulla del loro mistero intimo: hanno pazientemente atteso che la volontà di Dio si manifestasse nella libertà del Figlio.

Tutto questo accade anche nelle nostre famiglie: qualcuno può pensare di saper tutto delle altre famiglie, di conoscere la situazione delle famiglie accanto, e spesso ci si riempie la bocca di quanto accade nelle altre famiglie, sputando sentenze e giudizi, ma in realtà nessuno sa, nessuno può saper quanto si agita nel profondo, nessuno in verità è a conoscenza del mistero che si vive dentro le mura di casa, dentro il cuore dei componenti la famiglia. Nessuno, inoltre, ha il diritto di rovinare questo mistero d’amore, specie se intuiamo una qualche sofferenza o dolore. Dio è presente, silenzioso in ogni casa, in ogni famiglia; la abita, la riempie della sua presenza, del suo amore e della sua grazia. Occorre prendere coscienza di questa silenziosa presenza di Dio-con-noi nelle nostre famiglie, nella vita ordinaria, di tutti i giorni, nella ferialità quotidiana.