Domenica II p.a
Omelia di don Edmondo lanciarotta – parroco
Di domenica in domenica, attraverso il sacramento che celebriamo, abbiamo la grazia di accogliere nella nostra vita, con sempre maggior consapevolezza e libertà personale, il mistero di Dio, scoprirne suo disegno di salvezza e contribuirne alla sua realizzazione nella storia umana in attesa del pieno compimento nel Regno dei cieli: è il mistero di Dio, promesso ad Abramo, annunciato dai Profeti e che in Gesù Cristo si è definitivamente rivelato e compiuto. Quindi, contemplando Gesù, conoscendo Gesù, ascoltando il suo Vangelo possiamo conoscere il progetto di Dio, il mistero di Dio nella nostra vita, e seguendolo, grazie al cammino liturgico, di domenica in domenica, siamo messi nelle condizioni di poter diventare sempre più suoi discepoli.
Domenica scorsa, contemplando l’esperienza di Gesù che nel fiume Giordano, davanti a Giovanni, immerso nel popolo che si riconosceva peccatore e bisognoso di salvezza, sperimenta di essere Figlio Unigenito del Padre con una missione di salvare l’umanità dal peccato e dalla morte, ci siamo chiesti, noi, che nel Battesimo siamo diventati figli nel Figlio, cioè figli di Dio Padre, quando abbiamo scoperto realmente di esserlo, quando abbiamo fatto esperienza intima di essere figli del Padre con una missione, una vocazione particolare, un compito assegnatoci.
Oggi, proseguiamo il cammino: contemplando ancora e sempre Gesù, come ci viene presentato dai vangeli, nel suo percorrere le strade della Palestina, attraverso lo Spirito Santo, siamo messi nelle condizioni di scoprire ancor più in profondità il volto e il progetto di Dio nella nostra storia umana e di poterlo seguire, nella libertà, cioè diventare suoi discepoli, vivendo e portando a compimento il nostro battesimo.
La pagina del Vangelo è molto densa di significato, è un pozzo inesauribile di verità; ogni parola è un distillato di rivelazione: mi limito a pochi accenni, invocando lo Spirito Santo affinchè ci guidi alla comprensione piena della verità, di Gesù, del Dio-con-noi.
1.Giovanni stava con due dei suoi discepoli e fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: ‘Ecco l’agnello di Dio’.
Giovanni si trova presso il fiume Giordano, Gesù passa: Giovanni indica ai suoi discepoli che quel Gesù che passa è l’Agnello di Dio, è il Messia di Dio è l’Unto, il Cristo, il Salvatore. Giovanni, qui è presentato come uno ‘sguardo’ vivo, penetrante, come una ‘mano’ stesa ad indicare in quell’uomo, Gesù, il Figlio di Dio, colui che all’interno dell’umanità, dentro la storia umana, in un giorno qualunque, individua in una persona il messia di Dio. Orienta i suoi discepoli a questa persona, invita i suoi discepoli a seguirlo: è consapevole che la sua missione il suo compito è terminato: la sua missione si è conclusa, invita i suoi discepoli a seguire questo Gesù, per loro ancora uno ‘sconosciuto’, ma da lui indicato come il Messia di Dio. Giovanni decide, comprende che la sua missione, il suo compito è finito, e con questo atto si eclissa, abbandona la scena. Ora al centro dell’attenzione non è più lui, ma questo Gesù. Giovanni vede, capisce, orienta, si ritira.
La chiesa oggi e sempre dovrebbe assumere lo stesso compito, la stessa missione di Giovanni Battista: essere sguardo penetrante e mano tesa per indicare all’umanità oggi, ad ogni uomo e donna, la presenza del Cristo nella storia umana. La chiesa dovrebbe orientare tutti a Cristo, non dovrebbe tenere per se nulla; essere felice che l’umanità, attraverso la sua testimonianza di vita, si orienti a Cristo, si rivolga a Cristo come unico e vero Salvatore. La chiesa non dovrebbe essere gelosa di avere suoi discepoli, ma di essere capace di scoprire il Cristo presente nella storia umana e, come prima discepola del Cristo, accompagnare l’umanità, portare tutti e sempre a Cristo.
2.Gesù….osservando che essi lo seguivano disse loro: ’Che cercate?’. Gli risposero: ’Rabbi, Maestro, dove dimori?’. Disse loro:’Venite e vedrete…..erano circa le quattro del pomeriggio.
I due discepoli di Giovanni seguono Gesù: lasciano il ‘maestro’ che conoscono e seguono uno ‘sconosciuto’: si fidano però delle parole del loro ‘maestro’. Interpellati da Gesù, improvvisamente rispondono con una domanda: ’dove dimori?’, cioè, dove risiedi, dove vivi? E Gesù non risponde in modo intellettuale, astratto, convenzionale: ma fa fare loro un’esperienza di vita: li invita a stare con lui per un po’ di tempo. Questa è la prima esperienza, il primo incontro dei discepoli con Gesù. Un incontro unico, irripetibile, straordinario, indimenticabile, inizio di una esperienza nuova di vita, al punto che uno di loro, ricorda con chiarezza questo evento a distanza di tanti anni: ‘erano le quattro del pomeriggio’. Gesù ad un certo punto del suo cammino si volta indietro, li osserva, li guarda in profondità, apre il dialogo con loro, prende l’iniziativa: il suo sguardo li tocca profondamente e la sua parola li provoca nell’intimo. Il suo non è uno sguardo distratto ed utilitarista, interessato, le sue parole non sono vuote e di convenienza: entrano nella verità della loro vita. E così i due discepoli rimangono con Gesù, dimorano per un po’ con lui, stanno insieme con Gesù, sperimentano la sua vicinanza: esperienza unica e travolgente, che li cambia nell’intimo del loro essere. Dal racconto del vangelo possiamo intuire che questa esperienza dei due discepoli ha la potenza non di un ricordo, ma di una radice, di un principio, di una fonte che continua a sgorgare e che ha sconvolto tutta la loro vita.
Sorge spontanea una domanda: possiamo anche noi individuare un momento significativo, un evento riconducibile all’esperienza dei due discepoli? C’è un fatto, un’esperienza riconducibile a quanto raccontato nel vangelo che ha segnato la nostra vita di fede, il nostro primo incontro con il Signore? Possiamo ricordare un’esperienza che ci ha fatto trasalire il cuore, che ci ha fatto esultare nell’intimo, nella quale abbiamo sperimentato la presenza di Dio nella nostra via, che ci ha cambiato il cuore e inondato di gioia il nostro volto?
3.Uno di loro….Andrea…incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: ’Abbiamo trovato il Messia, il Cristo, e lo condusse da Gesù
Chi ha incontrato Gesù non può tener per se la propria esperienza: non può non comunicarla agli altri: la gioia è incontenibile e la novità è travolgente. Così Andrea comunica pieno di gioia il suo incontro con Gesù e conduce suo fratello Simone da Gesù. Simone fa un’esperienza di Gesù, un’esperienza unica e irripetibile, che lo trasforma nell’intimo, tale che Gesù gli cambia anche il nome, lo trasforma radicalmente, gli dà, possiamo dire, un’identità nuova, lo chiama ’Pietro’. Dall’esperienza dello stare con Gesù scaturisce immediatamente il desiderio di aprire la stessa possibilità ad altri che con noi condividono la ricerca della vita. Le parole di Andrea a suo fratello: ’Abbiamo trovato il Messia’ è come se dicesse: ’quello che noi desideriamo, quello che noi abbiamo sempre desiderato, aspettato è proprio lui, vieni anche tu’. Andrea trasmette il fascino della gioia del Signore a chi gli sta più a cuore. Gesù ormai entrato nel cuore dei discepoli: l’Amore ricevuto, vissuto intimamente e con sorpresa viene comunicato, non può non essere comunicato, donato, testimoniato. Inizia così l’avventura di fede, cioè, seguire Gesù, andargli incontro, camminare con lui, andare con lui, dimorare con lui, stare con lui. Quindi per i discepoli di Gesù, seguire il Signore significa andare con il Signore, semplicemente stando con lui, in tutte le vicende della vita. Essere dove è lui significa rimanere ad ogni costo nell’amore del Padre per noi perché tutti sono invitati alla stessa mensa.
Una constatazione alla luce anche della prima lettura, della chiamata di Samuele: l’incontro con il Signore avviene ‘attraverso’, ‘tramite’ un’altra persona: Samuele viene introdotto all’incontro con il Signore attraverso il suo ‘maestro’ Eli; i due discepoli sono orientati a seguire Gesù attraverso l’indicazione del loro ‘maestro’ Giovanni; Pietro viene introdotto da Gesù attraverso ‘Andrea’ suo fratello. Nessuno, possiamo dire, giunge alla fede da solo, nessuno diventa discepolo da solo, nessuno diventa credente da solo, ma sempre introdotto da un altro.
La domanda: ritornando alle origini della nostra fede, possiamo individuare chi meglio che altri, ci ha introdotti alla fede? Quali figure, quali testimonianza di persone significative hanno aiutato noi, ci hanno introdotto alla fede in Gesù Cristo?
In questa prospettiva, siamo invitati, come comunità cristiana a verificare se e fino a che punto siamo comunità feconda di fede, capace non solo di generare alla fede nuove persone dal versante sacramentale, ma anche di alimentare e sostenere e consolidare e fortificare e rafforzare e qualificare la fede in Gesù Cristo. Infatti è la comunità cristiana che garantisce ed assicura l’incontro personale con il Cristo Gesù.