Domenica  2^ di Pasqua  19 Aprile 2020

Omelia di Don Edmondo Lanciarotta – Parroco

Anche oggi è Pasqua; la Pasqua di risurrezione, la Pasqua del Signore, il Crocifisso Risorto, il Vivente in mezzo a noi. Per tutta la settimana, la liturgia ci ha fatto cantare attraverso questa espressione: ’Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo’. Infatti, il mistero pasquale non è possibile contenerlo in un giorno cronologico; la risurrezione di Gesù non è possibile che resti dentro ad un tempo determinato, limitato: no, questo evento entra pienamente nella storia umana e la fa entrare nel tempo di Dio, nel tempo pieno, nella pienezza del tempo, che, appunto, simbolicamente viene espressa con il numero ‘sette più uno’, l’’Ottavo’ giorno, il Giorno di Dio, il Giorno che non conosce tramonto.

Il Vangelo di oggi ‘seconda Domenica di Pasqua’ (infatti non si dice ‘dopo’ Pasqua, ma ‘di’ Pasqua: cioè si rimane ancora dentro e per sempre nella Pasqua) ci riporta ancora  al ‘giorno di pasqua‘, e precisamente alla sera di quel primo giorno dopo il sabato, iniziato con la visita delle donne al sepolcro, alle prime luci del giorno, anzi, quand’era ancora buio. Le donne piangenti ed impaurite trovano il sepolcro spalancato e vuoto, di corsa vanno a dare l’annuncio di  discepoli rinchiusi in cenacolo, ancora impauriti e smarriti; ebbene, alla sera di  quel giorno il Risorto incontra i suoi discepoli. E noi oggi, attraverso la celebrazione viviamo questi eventi: diventiamo protagonisti, contemporanei degli eventi allora accaduti. Preghiamo perché possano donarci la grazia e la salvezza e la pace di cui ancora e sempre abbiamo bisogno, per entrare nel mistero della nostra salvezza e poterlo vivere quotidianamente.

1. ’La sera di quel giorno…mentre erano chiuse le porte…venne Gesù, stette in mezzo a loro e disse:’pace a voi’.

Il Cristo Crocifisso Risorto incontra i suoi amici ancora smarriti e sconvolti per i fatti accaduti, entrando in casa, nonostante le porte fossero chiuse per paura dei Giudei; si pone al centro del gruppo, resta in piedi e comunica loro la pace, dona loro il frutto dell’amore, lo Spirito Santo, alita su di loro lo stesso amore con il quale è amato dal Padre e che lo ha sostenuto lungo tutta la vita, fino alla passione; ora, risorto, trasmette definitivamente e pienamente lo Spirito Santo ai discepoli affinchè possano continuare la sua opera di salvezza dell’umanità, perdonando i peccati instaurando così per sempre la relazione feconda e stabile dell’uomo con Dio; nel frattempo mostra segni della sua passione, le mani forate ed il fianco trafitto. E i discepoli ‘gioirono al vedere il Signore. Esperienza travolgente, unica, inattesa, sorprendente che porta i discepoli a comunicarlo a chi era assente, a Tommaso: ’Abbiamo visto il Signore’.

Senza perdere tempo, possiamo chiederci: siamo anche noi fra quelli del gruppo dei discepoli, impauriti, smarriti, rinchiusi, delusi, amareggiati ai  quali il Signore ha fatto visita? Siamo anche noi tra coloro che sorpresi in questi giorni di pasqua abbiamo gioito al vedere il Signore Risorto? Siamo tra coloro che in questa settimana, in famiglia, nello scambio degli auguri abbiamo  comunicato , abbiamo trasmesso a tutti con stupore e gioia grande: ’Abbiamo visto il Signore’?. Siamo anche noi tra questi? Oppure, non eravamo tra costoro e come allora Tommaso, eravamo assenti? Tommaso a costoro risponde: ”Se non vedo nelle  sue mani  il segno dei chiodi e non metto  il mio dito …la mia mano… io non credo’. Allora, dove ci collochiamo? Cosa abbiamo vissuto, scoperto in questa Pasqua celebrata quest’anno in maniera inedita nelle nostre case, guardando le celebrazione liturgiche del papa o del vescovo?

2.Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù…stette in mezzo e disse: ’Pace a voi’

Otto giorni dopo, pazientemente Gesù risorto si fa presente dentro la comunità dei suoi discepoli, si pone al centro, si fa vedere, si fa toccare, dona la sua pace, la sua grazia, aspetta che lentamente, possiamo dire, uno alla volta, i suoi discepoli escano dall’incredulità, dalla tristezza, dallo smarrimento ed entrino nella fede, nella serenità, nella fiducia, nella gioia  dell’incontro, nella pace pasquale. Tommaso, può diventare il simbolo di ciascuno di noi: ancora assente, incredulo, desideroso di ‘prove’, ostinato, che all’incontro con il Risorto, che lo chiama per nome, di fronte ai segni evidenti della sua passione, mettendo il dito nelle piaghe del Signore, approda con gioia alla luce della fede esclamando: ’Mio Signore e mio Dio’. L’esperienza pasquale di incontro con Gesù risorto, quale cammino di fede e di  adesione a lui, raggiunge qui il vertice della sua intensità e del suo dinamismo. Questa esperienza può diventare anche la nostra esperienza: la sua incredulità e il suo dubbio sono anche le nostre incredulità e i nostri dubbi. Tommaso è un contemporaneo di ogni uomo, che s’interroga sul mistero di Cristo, senza trovare il coraggio di vivere il rischio della fede, di portare il peso di quella ‘scommessa’ che comporta la stessa fede. La luce della fede non è la conclusione di un ragionamento  intellettuale, ma un dono del Signore, un dono che scaturisce da un incontro. Gesù risorto si fa presente con i segni della sua passione a ciascuno di noi, da quel momento per sempre. Infatti, come allora all’incontro mancava Tommaso e ‘otto giorni dopo ‘ alla presenza di Tommaso, Gesù si fa presente e ’sta in mezzo ai suoi’, così, da allora, di ‘otto giorni in otto giorni’, si arriva fino a noi: perché manca sempre qualcuno, e così di otto giorni in otto giorni, cioè di Domenica in Domenica, il Signore risorto entra nelle nostre vite, ancora rinchiuse da incredulità  e smarrimenti e paure, e delusioni, e si pone al centro della comunità di amici  ancora smarriti: sta in piedi, in mezzo a tutti noi, radunati nell’assemblea eucaristica, l’assemblea domenicale, l’assemblea pasquale, rappresentato dal Cero acceso in mezzo al presbiterio, dona la sua pace, ci inonda della sua Grazia, manifesta i segni ella sua passione, aspetta che lo riconosciamo come Signore, attende la nostra adesione di fede. Attende che anche noi possiamo rivolgerci a lui affermando la nostra fede piena d’amore: ‘Mio Signore e mio Dio’.

La celebrazione eucaristia domenicale  diventa il momento in cui il Risorto si fa presente a tutti noi per sostenerci nel cammino, confortarci nelle sofferenze, donarci la sua grazia, manifestarci tutto il suo amore, rivestirci dello Spirito, per diventare sempre più persone nuove, persone pasquali, persone ricreate, testimoni del Vangelo in questo mondo, per poter annunciare a tutti e sempre che il Cristo è Risorto; per poter dire a tutti:  ‘abbiamo visto il Signore’, in modo che di domenica in domenica altri amici, e conoscenti e  vicini possano  convenire nel luogo della comunità e sperimentare l’incontro con il Risorto, essere rigenerati a vita nuova e trovare la pace pasquale in ogni momento della vita, sia quando essa si presenta facile sia quando essa si presenta difficile e faticosa  e piena di prove e difficoltà. E così l’espressione di Maria di Magdala rivolte in quel mattino ai discepoli: ’Ho visto il Signore’, diventa l’espressone dei discepoli, dopo l’incontro in quella sera, rivolta a Tommaso: ’Abbiamo visto il Signore’, e diventa l’espressione stessa di Tommaso e di tutti noi: ’Abbiamo visto il Signore’. Così quest’espressione: ‘Ho visto il Signore’ è molto di più che affermare: ’il Signore  è risorto’, come esclamare: ‘Mio Signore  e mio  Dio’ è ben più vigoroso della preghiera: ’o Signore e Dio…’.

Infatti la preghiera di Tommaso: ’Mio Signore e mio Dio’ è la più pregna di significato dell’intero vangelo di Giovanni e insuperabile oltre che necessaria per ogni discepolo di Dio. L’espressione ‘mio’ evidenza appartenenza, coinvolgimento ed una sorta di possesso espropriante da sé. L’aggettivo possessivo ‘mio’ per il Vangelo non  è mai per un’appropriazione indebita, ma solo per un cammino di estroversione: il ‘mio’ corpo, il ‘mio’ sangue per Gesù è sempre donato per ‘voi’. Questa professione di fede viene fatta davanti al Cristo Crocifisso e risorto presente nell’assemblea liturgica radunata la domenica  nello spezzare il pane e nel bere al calice, cioè nel ‘noi’ ecclesiale (di cui in questo tempo sentiamo l’estremo bisogno causa un’assenza obbligata) che si vive ogni domenica nel ‘memoriale’ della Pasqua del Signore.

3.Gesù disse: ’Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto’

Il brano del vangelo termina con una stupenda beatitudine, rivolta a tutti noi: il credere senza vedere; è la condizione dei cristiani che amano Gesù e credono e sperano in Lui pur senza averlo visto, dando fiducia a segni che non hanno visto, ma che ‘sono stati scritti’ nel Vangelo. La fede cristiana proviene dall’ascolto,  l’ascolto della Parola di Dio scritta nel vangelo e proclamata nell’Eucaristia e vissuta dai testimoni: un dono da accogliere, un dono che si diffonde nella gioia, un dono che rinnova e ricrea la vita.

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