Domenica IV di Avvento
Omelia di Don Edmondo Lanciarotta – Parroco
Abbiamo acceso la quarta candelina della corona dell’Avvento: ormai il tempo di preparazione è concluso: dal versante liturgico, il tempo di attesa si sta compiendo, la preparazione è completata: ormai siamo prossimi alle feste del Natale. Possiamo confermare che è altrettanto vero per ciascuno di noi? Possiamo concludere che anche per noi la preparazione è completata, adeguata? Ognuno di noi convocato in questa liturgia eucaristica può affermare di aver vissuto in modo positivo questo tempo, di aver ‘preparato’ adeguatamente la strada al Dio che viene, di aver modificato stili e ritmi di vita tali da disporsi ad accogliere ancora e sempre più il Dio che viene nella propria vita?
Certamente molti stanno affermano che questo natale è un natale speciale, un natale straordinario, un natale inedito…in riferimento alle conseguenze che i protocolli sanitari impongono per combattere la pandemia, che costringono a rimanere ancora in casa, a limitare gli spostamenti, a modificare o sospendere cenoni ed auguri fra parenti, gite e vacanze in luoghi di villeggiatura e quant’altro. Ma non è questo lo straordinario e l’inedito che il mistero del Natale sempre porta con sè.
Possiamo anche domandarci: se dipendesse da noi avremmo stabilito di fare natale in questo tempo? La situazione umana è tale da ritenere che possiamo anche fare a meno del natale? Resta il fatto che il Natale viene, ancora, indipendentemente dal nostro volere e dalle nostre prospettive, e in modo o in altro ci prende o ci sorprende o ci coinvolge, sia che ci siamo preparati, sia che non ci siamo preparati.
In verità, la preparazione al Natale dovrebbe evidenziare la nostra disponibilità a fare spazio nel nostro spazio, a dare tempo nel nostro tempo al Dio che sta per venire ancora nella nostra vita. Ognuno nella verità della propria coscienza, nella verità del proprio cuore saprà individuare ambiti e modi, stili e scelte che rivelino appunto questa volontà libera e gioiosa di fare spazio e dare tempo a Colui che sempre viene nella storia umana.
1. L’ angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth a una vergine.
L’iniziativa è di Dio. Sempre. Come abbiamo potuto constatare alla luce della Sacra Scrittura, lungo tutta la storia della salvezza, la storia raccontata nella Bibbia, la storia di Dio con l’uomo, sempre, sempre l’iniziativa parte da Dio. Il suo intervento nella storia umana è sempre gratuito, non dovuto; intervento che spezza il silenzio dell’uomo, che riprende la relazione interrotta dall’uomo. Un intervento di Dio che si fa prossimo all’uomo presentando sempre il suo desiderio di dialogo, di relazione, di intima unione con l’uomo.
E lo ritroviamo nella prima lettura che abbiamo ascoltato: il re Davide nel massimo splendore della sua potenza, ad un certo punto si accorge di aver dimenticato l’Arca dell’alleanza, segno della presenza e della benevolenza del Dio che aveva liberato il popolo dalla schiavitù dell’Egitto e che lo aveva condotto alla terra promessa, ancora deposta nella ‘tenda’, dimentica, abbandonata, mentre tutto il popolo si era costruito una casa. Ebbene Dio, nonostante questa ‘infedeltà’ e dimenticanza del suo popolo comunica, an nuncia, per bocca del profeta, di assicurare una discendenza sul trono di Davide; un messia che manifesterà pienamente la potenza di Dio per sempre, rivelando in questo modo il suo desiderio che il suo popolo sia definitivamente salvo e possa vivere nella felicità piena.
Il brano evangelico, che è stato oggetto di meditazione nella solennità dell’Immacolata, ci ripropone ancora una volta l’intervento di Dio e che porta a compimento le sue promesse, manifestando ad una vergine promessa sposa il suo desiderio di renderla feconda per far nascere in lei il Salvatore del mondo, manifestando così il suo desiderio di trovare in lei stabile dimora per suo Figlio, una casa in cui il Figlio possa trovare dimora stabile tra gli uomini. Dio mantiene le sue promesse, Dio con pazienza e fedeltà, concretizza le sue promesse fatte ad Abramo, ai Padri, al popolo attraverso i profeti. Dio non si stanca dell’uomo, nonostante le sue infedeltà, le sue mancanze, il suo peccato: Dio non guarda al comportamento dell’uomo, Dio guarda al suo amore, alla promessa fatta all’uomo di amarlo sempre, di salvarlo sempre, di rimanere sempre in relazione con lui.
Quindi, accogliamo ancora una volta questo annuncio: Dio rimane fedele a noi, non si stanca di noi: desidera trovare in noi la sua stabile dimora, ancora, nonostante le nostre fragilità e infedeltà e miserie e peccato. Dio ci ama ancora, anche più di quanto noi ci amiamo: noi spesso non si accettiamo, non ci amiamo nelle miserie della nostra umanità: Dio, invece, ci ama, e va oltre, al di là del nostri peccati: Dio parte sempre per primo e non si stanca di noi. Occorre però che lo accogliamo.
2. Maria disse. ‘Ecco la serva del Signore’
Maria, appunto, risponde adeguatamente, risponde con prontezza, risponde con piena e totale disponibilità alla richiesta di Dio: e così diventa il luogo stabile, la dimora di Dio tra gli uomini: permette a Dio di farsi uomo: permette che l’invisibile diventi visibile, che l‘eterno diventi nel tempo, che Dio diventi uomo. Maria con il suo ’si’ diventa silenzio, ascolto, disponibilità, accoglienza, recezione, obbedienza. La sua fede nell’ascolto diventa il terreno in cui matura la sua risposta alle parole dell’angelo. Pur turbata dall’annuncio, del quale desidera cogliere il senso, Maria non rifiuta, ma si rende pienamente disponibile alla volontà di Dio. Consapevole, esprime di essere ‘serva’ di Dio, serva dell’amore, schiava di Dio, pienamente disponibile a fare la sua volontà. Maria ci insegna che non servono grandi sacrifici o fare grandi cose per Dio, basta solo lasciarsi fare da Dio, lasciarsi plasmare, modellare dal suo amore: è Lui che realizza cose grandi in noi, non noi su noi stessi. Con il suo ‘si’ Maria diventa quella che era la ‘tenda’ dell’Alleanza, luogo dell’accoglienza dei segni della presenza di Dio nel suo popolo. Maria è resa allora tempio di Dio, giacchè in lei riposa la presenza di Dio, l’altare di Dio, l’arca dell’Alleanza.
Oltre a questo Maria diventa anche profezia e figura di quelli nei quali la fede si fa obbedienza .Infatti a questa fede non è chiamata solo Maria, ma tutti i popoli, tutte le persone. Allora, credere non vuol dure aderire intellettualmente a delle verità, ma entrare in un mistero insondabile con le facoltà intellettuali, entrare in relazione con Dio, che continua ancora e sempre ad amare gli uomini e a cercare sempre in loro la sua dimora. Quindi tutti noi ancora e sempre abbiamo la grazia di diventare dimora di Dio: il Natale diventa allora questa realtà per tutti noi: diventare la casa di Dio è in fin dei conti la ragione per cui la fede diventa obbedienza, perché il tempio è il luogo in cui Dio viene servito: il modo più bello, meraviglioso e stupendo di servire Dio è amarlo con lo stesso amore con cui lui ci ama. Servire Dio amandolo, cioè obbedendo alla sua volontà nella piena libertà a partire dall’esperienza di essere amati da Lui.
3. “Il Signore è con te “
Il saluto dell’angelo alla vergine si conclude con l’espressione: ’Il Signore è con te’: questo saluto diventa espressione con cui la liturgia in ogni momento celebrativo, in ogni evento rituale accoglie l’assemblea radunata attraverso la voce del sacerdote celebrante. Ecco questo saluto è rivolto a tutti noi, sempre: anche oggi: ‘Il Signore sia con te’: occorre accoglierlo, con libertà e gioia.
In questo tempo chiediamo la grazia allo Spirito per concretizzare il saluto con cui la liturgia ci accoglie: cambiare il nostro cuore, perchè diventi umano, pieno della grazia e della misericordia di Dio: che il natale non passi tra una festa e un’altra lasciando fuori del nostro cuore l’unico ospite necessario che desidera nascere nella nostra intimità più vera, povera e spoglia.
Perché il Signore che viene occorre che qualcuno lo accolga: occorre sperimentare di essere amati dal Signore; occorre farsi piccoli e fragili, bisognosi di Dio, e sempre suoi servi; occorre svuotarci delle nostre arroganze e presunzioni, dei nostri privilegi e diritti; occorre fare silenzio, anzi vivere il silenzio per poter ascoltare ed accogliere la Parola che genera in noi l’amore.