Domenica 21 Marzo 2021

Domenica V  di  Quaresima

Omelia di Don Edmondo Lanciarotta  –  Parroco

 

Il cammino quaresimale sta per compiersi: domenica prossima entreremo nella grande settimana, detta ‘santa’. In questo cammino quaresimale siamo stati invitati ad immergerci con sempre maggior consapevolezza e libertà nel mistero di Dio, in quel mistero in cui siamo stati inseriti fin dal nostro battesimo, per rigenerare a vita nuova la nostra realtà umana, attraverso il sacramento che celebriamo nella Pasqua, in attesa di poter entrare definitivamente nella Pasqua eterna. ‘Cammino’ vuol dire camminare, cioè muoversi, proseguire sulla strada, nel percorso indicato verso la Pasqua, vuol dire maturare, crescere nella fede, cioè nella relazione con Dio, nella ‘comprensione’ del mistero di Dio, mistero da vivere quotidianamente, seguendo Gesù, nel suo cammino verso la sua Pasqua, verso la piena manifestazione della gloria di Dio.

In questo cammino quaresimale la Parola di Dio ci introduce sempre più verso il centro del mistero pasquale: la seconda lettura è una meravigliosa sintesi dell’esperienza di Gesù, che nell’obbedienza’ al Padre realizza pienamente la prima alleanza profetizzata da Geremia (la prima lettura), e diventa proposta per tutti coloro che si mettono alla sequela di Gesù per servirlo: l’obbedienza al Padre fino al dono di sé, come Gesù, diventa il segno distintivo di ogni cammino di fede, di ogni discepolo di Gesù in cammino verso la Pasqua.

  1. ”Vogliamo vedere Gesù”.

E’ la domanda che alcuni Greci giunti a Gerusalemme per il culto avevano posto al discepolo Filippo, il quale l’ha posta poi all’altro discepolo Andrea e questi poi direttamente a Gesù. In questa domanda intravvediamo una curiosità, forse una qualche simpatia, o un inizio di sequela: si chiede di conoscere Gesù, di vederlo per un chiaro inizio di interessamento: questi Greci sembrano animati da un buon desiderio di cammino, sembrano essere in ricerca.

E noi? Anche noi vogliamo vedere Gesù? Tra noi vi sono alcuni che dicono di credere, ma non sempre ne sono convinti; altri che dicono di credere, ma hanno tanti dubbi; altri che credono in Gesù, ma non nella chiesa; altri che affermano che è sufficiente essere buone e brave persone e comportarsi moralmente bene; altri hanno avuto e/o continuano ad avere situazioni conflittuali con persone ed istituzioni cristiane, per cui affermano che diventa difficile credere; altri manifestano avversione per quanto riguarda la religione; altri sono cresciuti in un ambiente parrocchiale e per indolenza o difficoltà si sono lasciati andare; altri manifestano atteggiamenti superstiziosi o intimistici o miracolistici…. E noi? Vogliamo vedere Gesù?

  1. ”Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32)

Gesù risponde: “E’ giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo”. La risposta di Gesù chiarisce subito l’identità della persona che essi cercano. Gesù nella sua risposta infatti rivela quale strada porta alla vera conoscenza di lui. In altre parole, quando e dove possiamo realmente ‘vedere’ Gesù, ‘conoscere’ in profondità e verità Gesù? Qual è l’’Ora’ suprema e il ‘luogo’ primario in cui possiamo ‘vedere Gesù’? Il vero luogo e il vero momento per conoscere realmente Gesù è la croce. Gesù crocifisso, Gesù elevato da terra, messo in croce che attira a sé tutti: Gesù che muore in croce nel pieno abbandono al Padre è la massima manifestazione, è il momento sommo, solenne per poter ’vedere’ Gesù, vedere la sua glorificazione, e la glorificazione di Dio, cioè la bellezza di Dio, la potenza dell’amore di Dio. E’ Gesù che attira e propone la salvezza; sono gli uomini che guardano per riconoscere e confessare la proposta amorosa di salvezza. Allora la ricerca dell’uomo si conclude con la scoperta della nuova proposta di Dio, anzi con un’azione gratuita di Dio nella quale chi cerca si sente cercato, chi segue si sente attratto, chi invoca si sente chiamato. Qui si scopre il vero senso dell’unione con Dio. Unirsi vuol dire morire sempre ogni tanto un poco in ciò che si ama. L’unico segno di vita in questa morte è il ‘desiderio di unione’ che non ha niente di visibile, perché tutto viene nel silenzio della persona che ama e desidera consumarsi nella persona amata.

Ebbene, ci chiediamo: chi c’era sotto la croce di Gesù? Dove erano coloro che sono stati sfamati da Gesù, dove erano coloro che sono stati guariti da Gesù, dove erano i discepoli, gli amici di Gesù, coloro che avevano mangiato con lui e che erano da lui stati chiamati a seguirlo, che erano stati scelti come suoi apostoli? Certamente costoro hanno incontrato Gesù, lo hanno ‘conosciuto’, lo hanno ascoltato, visto, ne sono stati attratti, hanno ricevuto grazie su grazie da Gesù, ma ancora non sono entrati nell’’Ora’ di Gesù, non erano presenti nel momento in cui si poteva vedere definitivamente e pienamente Gesù. E noi, a che punto siamo nel cammino verso il Calvario?

  1. Ora l’anima mia è turbata: e che devo dire? Padre salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!” (Gv 12,23-24)

La strada proposta da Gesù nella risposta ai ‘greci’ che cercavano, non è una strada facile: lo stesso Gesù rimane ‘turbato’: non sfugge però alla verità del momento: egli non evade e non si nasconde da ‘un’ora’ per la quale sente di essere venuto, e l’unica preghiera vera che sente di dover fare è per il compimento dell’opera: ’Padre glorifica il tuo nome’. Gesù ormai è cosciente di essere giunto alla sua ‘Ora’, in cui avrebbe manifestato pienamente il volto di Dio, e con la sua vita lo avrebbe glorificato: ebbene, in questo momento, è turbato, profondamente scosso, intimamente affranto, consapevole di esser giunto al momento solenne e decisivo di tutta la sua vita: o continuare per la strada intrapresa e morire miseramente, drammaticamente come fallito, oppure, cercare di salvare la propria vita chiedendo al Padre di trovare altre vie, di ‘salvarlo’ dalla sofferenza e dalla morte. L’esperienza storica di Gesù, il suo pellegrinaggio terreno, il suo camminare per le strade della Palestina non è stata una gita turistica, un’apparenza di presenza con una morte da far vedere, ma che sarebbe poi stata superata facilmente con la risurrezione. Tutt’altro. La sua è un’esperienza profonda di vita, un inserimento nella condizione umana sempre più profondo, un’incarnazione nella vita umana fino a sperimentare la sofferenza, l’abbondono e la morte. E’ quanto viene affermato nella seconda lettura: ’Gesù imparò l’obbedienza dalle cose che patì’. Cioè anche Gesù ha dovuto imparare a vivere; ha imparato a vivere attraverso la sofferenza, cioè è cresciuto, è maturato, progredito nella sua fede, cioè nella sua relazione con Dio, per cogliere nella propria storia umana quotidiana la bontà di Dio e liberamente aderirvi, per fare ancora e sempre della sua vita un dono d’amore ai fratelli, per donare agli uomini lo stesso amore ricevuto dal Padre.

  1. “E’ giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. In verità, vi dico: “se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto…

La risposta di Gesù, allora, ai Greci che lo cercavano supera le loro attese e le loro esigenze. Chi vuole conoscere Gesù deve vederlo dentro una ‘glorificazione’ incomprensibile alla mente umana, ma l’unica che possa portare il frutto della salvezza. E’ la glorificazione che ripercorre la strada del chicco di grano, secondo la logica del dare gratuito. La risposta infatti a loro data non è immediatamente comprensibile alla mente umana. Tuttavia intuiamo che è una chiave interpretativa preziosa anche per la nostra vita. Come può essere fonte di gioia e di vita ‘il chicco di grano che muore’? In altre parole, come si può dare senso alla vita ‘perdendola’? Il discepolo di Gesù, colui che desidera conoscerlo, come il chicco di grano, imbocca la strada dello svuotamento umile di sé, cioè entra nell’humus della terra, per risorgere verso il sole con una spiga intera di chicchi di grano.

La strada del chicco di grano è la strada della morte dentro la coscienza della vita; è la strada della vita sotto le apparenze di morte; è la morte della morte attraverso la logica apparentemente assurda della fede. Nella storia di morte che il mondo oggi ci descrive, sembra non esserci alcuna possibilità di riscatto: spesso l’uomo non reagisce, non si rialza, si lascia consumare dal suo avvilimento, dall’angoscia mortale, dalla paralisi. L’esperienza della morte è l’incurabile debolezza dell’uomo e sperimentarla fa veramente perdere la bussola: essa è la sintesi di tutti i mali e di tutte le sconfitte contro cui dobbiamo reagire e lottare, senza poterci aspettare una vittoria diretta e immediata. Ebbene il grande trionfo dello spirito è quello di aver trasformato in strumento di vita ciò che era strumento di annientamento. Questo, per l’evangelista Giovanni, è ‘vedere’, cioè il ‘cammino della fede’, un andare oltre le apparenze per raggiungere il mistero che esse nascondono: vedere Gesù vuol dire conoscere il Crocifisso, essere da lui attratti sotto la sua croce e credere che è la gloria, la bellezza, la potenza dell’amore di Dio per l’uomo.

 

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