Giovedi 31 Dicembre 2020

Santa messa del Te Deum

Omelia di Don Edmondo Lanciarotta  –  parroco

 

Ci sono situazioni e momenti della nostra vita personale, familiare e sociale in cui immediatamente siamo spinti a ringraziare Dio perché li sperimentiamo come dono; altri, invece, in cui soffrendo l’assenza di Dio, li percepiamo come ‘castigo’, o prova. Forse qualcuno questa sera, qui, in questa celebrazione di ‘Te Deum’ fatica a ringraziare Dio per il 2020, o comunque il ringraziare non è scontato. E’ anche quanto sentiamo dai mezzi di comunicazione, dai social e quant’altro: ’un anno da buttare’, ‘un anno da dimenticare’…ed altre espressioni…che assieme ad espressioni come quelle del passato recente: ‘andrà tutto bene’ non evidenziano lo spirito del discepolo di Gesù Cristo: espressioni che dobbiamo scartare con forza in quanto ‘insulse’, dalle quali dobbiamo stare lontano. Accogliere senz’altro le persone che così si esprimono, ma contestare fortemente le espressioni che non manifestano lo spirito del vangelo di Gesù.

Da quale prospettiva partire? Dal mistero del Natale che anche quest’anno abbiamo celebrato: la nostra storia, la nostra realtà umana è abitata dal Verbo di Dio, dal Figlio di Dio che ha voluto e continua a volere, desiderare, nonostante le miserie dell’uomo, condividere la condizione umana e fare della nostra storia e della nostra vita la sua stabile dimora. Quindi ‘gettare via l’anno passato’ in maniera indiscriminata, è gettare via la storia nella quale abita il Dio-con-noi, è gettare via l’umano che è la dimora del divino.

Come discepoli di Gesù e testimoni del suo Vangelo siamo invitati anche oggi e sempre a crescere nella dimensione del ‘dire grazie’ per la presenza di Dio nella storia umana, nella nostra vita quotidiana, e anche questa sera di fare eucaristia, cioè, riconoscere le meraviglie che Dio ha compiuto nella nostra storia umana, da quando Cristo si è fatto uomo. Allora il tempo che passa inesorabilmente, detto ‘cronos’, non è un tempo vuoto, un tempo finito, un tempo che sfocia nel nulla eterno; ma è un tempo che può diventare ‘cairòs’, cioè pieno di grazia e di bontà, un tempo in cui la nostra storia umana diventa, con la presenza di Dio, una storia di salvezza, una storia santa, una storia nuova; e così nulla va perduto, tutto viene ricuperato e ricondotto in Dio: un tempo salvato, tutta la nostra vita è salva. Vivere la storia in questo modo non vuol dire che Dio in questo modo ci dà il ‘vaccino’ per essere immuni dal soffrire, ma scoprire che la nostra storia umana è abitata da Dio.

In attesa del vaccino farmacologico, che speriamo arrivi quanto prima, siamo invitati a manifestare ancora e sempre sentimenti di gratitudine e di riconoscenza per il vivere la vita, tutta da scoprire, anche in questa piena emergenza sanitaria che tutti pensavano fosse sconfitta dopo i primi mesi drammatici in cui siamo rimasti chiusi in casa.

Infatti in questa che chiamiamo ‘la seconda fase’, il virus, non solo non è stato debellato, ma si è fatto più vicino a noi, è entrato nelle nostre case; respiriamo sempre più un clima pesante. Cresce l’angoscia, assieme alla rabbia e anche a critiche per scelte politiche fragili e non condivise. La paura ha preso il posto della speranza: nei nostri cuori non troviamo più fiducia e speranza: si cerca una scialuppa alla quale aggrapparci per guardare il futuro con fiducia in questo tempo in cui tanti, anche noi, forse, son passati dall’ebbrezza dell’onnipotenza, dall’autosufficienza, dalla presunzione di bastare a se stessi, al baratro di una radicale impotenza, che porta angoscia e brucia ogni speranza. L’ansia deve essere vinta, fratelli e sorelle, dal desiderio di liberarci dal nostro egoismo che paralizza per una nuova responsabilità. Non si tratta di attendere che ‘tutto passi’, di restare inermi, passivi, di rimpiangere e sognare che ritorni il passato, che tutto ‘torni come prima’, con l’atteggiamento del ‘si salvi chi può’, quanto invece impegno personale, assunzione delle proprie responsabilità, costanza nel rimanere dentro a questa realtà inedita, con fiducia e speranza, prendendoci cura gli uni degli altri, ogni giorno.

1.Diventare Chiesa ‘in uscita’

Questo atteggiamento ce lo siamo ripetuto diverse volte in questi ultimi anni, in particolare a partire dalla celebrazione del 50 della posa della prima pietra di questa chiesa (1.11.1966), nella consapevolezza, che costruita la chiesa si doveva costruire la parrocchia come comunità cristiana: una chiesa ‘in uscita’, come ama affermare Papa Francesco, una chiesa dalle otto porte: attraverso le quali ognuno può entrare può uscire, da qualunque latitudine spirituale, morale, economica, politica sciale e religiosa si trovi: con libertà, rispetto, dignità, senza imposizioni di schemi mentali, stili di vita, modalità di preghiera, atteggiamenti spirituali. Parrocchia che diventa comunità cristiana riscoprendo il primato della Parola di Dio, la centralità dell’Eucaristia e la priorità delle relazioni, e che possiamo diventare comunità, solo attorno all’altare per l’Eucaristia: diventare il Corpo di Cristo vivente, la sua Chiesa oggi in questo territorio sandonatese, e con tutti coloro che vivono il quartiere di Mussetta. Prendere ancora coscienza che è la Chiesa che fa l’Eucaristia ed è l’Eucaristia che fa la Chiesa riscoprendo che la nostra forza è in Gesù Cristo nella misura in cui rimaniamo in lui come bene esprime l’immagine evangelica della ‘vite e i traci’.

In questi anni ce lo siamo ripetuti spesso: impegno di passare da istituzione a comunità, da centro di servizi a famiglia, da coloro che prestano servizi a persone che diventano servi gli uni degli altri, da occupare spazi ad appartenere e vivere in umiltà come in una famiglia: Parrocchia, ‘casa tra le case’, nella consapevolezza della distinzione dei tre cerchi concentrici: il territorio di Mussetta, la Parrocchia di Mussetta e la Comunità cristiana di Mussetta: tre cerchi distinti non che separano, ma che chiariscono la qualità e la profondità delle relazioni da intessere con tutti e ciascuno nel rispetto e nella libertà. La qualità delle relazioni umane: occasione di incontro nel dialogo fraterno, prendendoci cura gli uni degli altri, dalla catechesi alla carità, dalla scuola dell’infanzia all’ oratorio, dalle associazioni al doposcuola.

In quest’anno di pandemia, papa Francesco è rimasto un punto fondamentale di riferimento: ricordiamo la profondità e semplicità delle sue celebrazioni della messa al mattino alle ore sette in tempo di totale chiusura per ogni celebrazioni nelle nostre parrocchie; la sua preghiera di intercessione in quella sera drammatica e piovosa in piazza S. Pietro, spoglia e vuota del venerdì 27 marzo 2020: solo di fronte al mondo a intercedere Dio per l’umanità ammalata e affranta. E poi l’enciclica ‘Fratelli tutti’, da lui firmata sull’altare di S. Francesco ad Assisi il 4 ottobre.

Il nostro Vescovo Michele con la sua prima Lettera pastorale: ‘Saldi nella speranza’ consegnata alla diocesi e raccolta anche da noi, parrocchie della nostra Collaborazione pastorale Sandonatese, con l’incontro del 6 ottobre scorso in preghiera in Duomo, sul tema: ‘rimessi in cammino’, consapevoli di essere tutti nella stessa barca anche se in mezzo all’oceano in tempesta di morte, della pandemia, a promuovere il più possibile stili di vita maggiormente ispirati al vangelo di Gesù.

Anche in quest’anno, pur nella consapevolezza delle nostre miserie e povertà non abbiamo mai smesso di operare come comunità chiamata ad accogliere sempre tutti e a farsi carico di tutti ed incontrare sempre tutti nelle loro situazioni particolari, facendo il primo passo, diventando pellegrini del Vangelo, mendicanti di amore, fratelli e sorelle con chi incontriamo.

2.Diventare chiesa ‘sentinella dell’aurora’.

            In questa situazione come comunità abbiamo maturato la consapevolezza di diventare chiesa che non guarda nostalgica e con rimpianto il passato, che non prende le difese del passato, che non si pone come baluardo del passato ormai finito, ma che guarda con fiducia il futuro, consapevole che Dio viene dal futuro, cioè chiesa sentinella che nella notte, rimane sveglia, non addormentata, capace di sostenere coloro che sono ancora nella notte, impauriti; capace di sperare ed attendere con fiducia il nuovo giorno: sentinella che è attenta a cogliere i primi segni dell’aurora di un nuovo giorno.

Abbiamo preso coscienza di questo importante ruolo, ancor più urgente in questa pandemia che sta bruciando ogni speranza e fiducia nel futuro. Infatti questa timida ripresa in questi ultimi mesi dell’anno è stata caratterizzata dalla consapevolezza di diventare Chiesa del Risorto, chiesa di Pentecoste, cioè chiesa animata dallo Spirito Santo, chiesa che si riconosce attorno all’eucaristia: quindi tutti possiamo attorno all’eucaristia alla messa domenicale ritrovarci, riconoscerci, appartenerci, sostenerci, riscoprirci discepoli di Cristo, gustando la dolcezza di stare assieme ed assumendo la responsabilità di discernere i segni della presenza di Dio in questo nostro tempo, i segni della sua bontà e della sua misericordia: saper coglier l’inedito di Dio nella nostra storia umana, anche se fragile e povera. Diventare una chiesa, cioè un’umanità mossa dallo Spirito, una comunità credente, in cui irrompe Dio, una chiesa che vive il vangelo con stupore e creatività e novità di vita, che sperimenta di essere ancora e sempre amata, perdonata e abitata dal Signore.

            In questa situazione stiamo scoprendo il nuovo volto della comunità cristiana in Mussetta, impegnata ad incrementare stili di vita maggiormente evangelici a partire dal dire grazie e chiedere scusa, dall’imparare ancora e sempre a pregare, a pensare insieme, a sperare oltre la morte, prendendoci cura degli altri specie se bisognosi, a saper vedere le emergenze non solo quelle fisiche ed economiche, ma anche quelle spirituali e relazionali ed educative.

L’esperienza della pandemia ci ha posti tutti davanti alla fragilità umana, al limite e alla morte. Una memoria della nostra caducità. Da diversi anni come comunità cristiana proponiamo momenti di riflessione sulla morte, sul vivere il morire, in momenti fuori dall’emergenza: a fronte di critiche da parte di qualcuno per questi incontri sulla morte ritenuti inopportuni, ebbene l‘emergenza sanitaria di quest’anno ci ha imposto, ci ha scaraventato davanti ai nostri occhi la nuda e cruda realtà della morte, e molti si sono smarriti e sono angosciati. Ebbene la morte è momento rivelativo della vita. La morte rende visibile la vita donandole una fine e offrendole il senso. Possiamo affermare, in modo paradossale, che l’umanità nasce con la morte e muore con l’immortalità: allora il limite è dono, è grazia e ci consente di vivere morendo per amore e di morire amando. La fragilità umana allora è esperienza prettamente ‘umana’, è la cornice entro cui avviene la vita, è l’elemento costitutivo della condizione umana e va riconosciuto e accolto per poterlo vivere in pienezza in modo umano.

Ciò che dà valore a questa fragilità è quanto riusciamo ad inserire in questa fragilità l’amore, la responsabilità e il prenderci cura. La vita allora vive tra due limiti, la nascita e la morte. Entro questi due limiti accade la vita e con essa la possibilità di viverli in Dio: ecco i sacramenti che anche quest’anno sono stati offerti: battesimi: n.43, Messa di Prima comunione: 75; la prima confessione o festa del perdono: n.85, la cresima: n.75, il Matrimonio: n.1 e la messa per i funerali delle persone morte quest’anno: n.60.

            Due eventi significativi hanno caratterizzato quest’anno (una sintesi la troviamo nel nostro Notiziario di Natale). Primo, la partenza definitiva da Mussetta delle suore Francescane di Cristo Re: dopo ottantun anni di presenza: causa l’invecchiamento delle religiose, la riduzione significativa di vocazioni religiose e l’incapacità di gestire comunità, la Congregazione da diversi anni, purtroppo, è costretta a chiudere, come accaduto da noi, le loro case. A tutte le religiose che hanno offerto il loro sacrificio per il bene della nostra comunità va il nostro grazie. Secondo evento: l’impegno di restauro conservativo del soffitto e tetto della chiesa di Mussetta di Sopra, il cui costo preventivo è di € 200.000,00: entro gennaio 2021 i lavori dovrebbero essere conclusi: finora siamo riusciti a pagare quasi € 100.000,00: abbiamo dato così fondo a tutti i risparmi; abbiamo dovuto aprire un fido in banca: quando abbiamo preso questa decisione di intervenire urgentemente avevamo fatto conto anche sulle entrate finanziarie provenienti dalla sagra, dalle feste varie, dagli incontri in oratorio e calcetto : tutto questo purtroppo causa la pandemia è bloccato e quest’anno le entrate sono pari allo zero. E questo ci pone non pochi problemi per il pagamento delle spese. Contiamo sulla generosità e responsabilità di coloro che si riconoscono nella comunità di Mussetta per tener vivo il luogo che segna un pezzo significativo della nostra storia umana e cristiana.

            Motivati dalla importanza vitale delle relazioni tra le persone a fronte della crisi sanitaria che spinge a rimanere isolati e a paralizzare ogni tipo di relazione, nel rispetto di tutte le normative vigenti e i protocolli sanitari siamo riusciti, con l’impegno gratuito e responsabile di tanti motivati volontari giovani ed adulti, a realizzare nell’estate il GREST e le quattro serate della Sagra dell’Assunta ed attività ricreative della ACR e degli scout. Impresa non facile, a fronte anche del ‘deserto’ che si era creato in tutta San Dona di Piave, ma che con l’aiuto della BV Maria, a partire dalla forza che proviene dell’eucaristia, come comunità siamo risusciti a vivere questi eventi come dono, apprezzato e atteso da tante famiglie e goduto nella bellezza e sorpresa di tanti bambini e ragazzi ed adolescenti.

Con lo stesso spirito abbiamo organizzato l’avvio complesso e delicato della Scuola dell’Infanzia e Nido dopo un infuocato mese di agosto, per il gran lavoro da parte della direzione e di tutta la comunità scolastica. E così anche il catechismo è iniziato, e poi tutte le iniziative formative dell’ACR e ACG e degli Scout: in presenza, regolarmente, con una nuova organizzazione e nel rispetto di protocolli, con il coinvolgimento delle famiglie e la passione dei catechisti ed animatori e l’impegno di tanti volontari per garantire sicurezza ed ambienti puliti ed igienizzati ad ogni utilizzo, in ogni giornata. E così lentamente e con serenità, con competenza e passione, tenendo aperto, nel rispetto delle normative, anche ‘oratorio’, la nostra parrocchia cerca di dare risposte concrete alle urgenze e necessità di coloro, singoli e famiglie, che incontra ogni giorno, trovando la forza, l’origine e la fonte di tutto questo nell’Eucaristia celebrata la domenica.

Tutte queste presenze rientrano nell’impegno concreto di diventare comunità ‘sentinella dell’aurora’: comunità che si ritrova la Domenica per l’Eucaristia, sempre in sicurezza e con ambienti igienizzati, in attesa che spunti il giorno, la luce del nuovo giorno: non rimanere con le mani in mano ad attendere che passi, a rimpiangere il passato, ma vivere in profondità il presente, anticipando il futuro assumendoci le responsabilità per una presenza che diventi dono reciproco.

3.Diventare Chiesa povera con i poveri

In questi mesi di pandemia tutti siamo consapevoli della gravità della crisi anche economica-sociale-politica-educativa, i cui contorni ancora non sono delimitati: e questo porta ulteriori e drammatici conseguenze al vivere quotidiano: come comunità cristiana non possiamo non farci carico di questa situazione. La crisi in questi mesi si è aggravata e non possiamo non cercare di rispondervi. Ogni giorno incontriamo tanta sofferenza e cresce il disagio: tutti lo tocchiamo con le mani. Indico solo alcuni aspetti.

Le persone ammalate o anziane in casa: quelle che normalmente incontravo nelle visite periodiche: ebbene in questi mesi le normative per le visite sono molte restrittive: non si può. Questo è un grande limite e causa di sofferenza ulteriore, specie per coloro che desiderano la visita ed il conforto religioso. Attualmente nel mio elenco sono oltre 90, certamente ce ne sono altre. Ma non ne sono a conoscenza: in questi giorni prima di Natale, con tutte le attenzioni (mascherina, igienizzazione e distanza, pulizia) sono riuscito a trovarli tutti, e se pur in un breve incontro, portare loro l’Eucaristia e la benedizione del Signore.

Quest’anno in Quaresima non abbiamo potuto proporre le giornate della carità. Ciò nonostante, siamo riusciti a realizzare delle raccolte per le missioni raccogliendo circa € 2.000,00 di cui la parte significativa è stata devoluta alle Missioni delle nostre suore in Guinea Bissau e il restante alle missioni diocesane; € 900,00 dal mercatino per la Scuola dell’Infanzia; per la carità circa € 1.500,00, oltre a piccoli contributi di offerte raccolte di carità dai bambini e ragazzi di catechismo, quali raccolte di viveri, per il Centro Aiuto alla Vita e per AVSI per un totale di circa € 1.000,00.

Nello ‘Sportello Accoglienza Parrocchiale’ cresce il numero di persone che chiedono cibo, casa (circa una trentina di famiglie), e lavoro (circa cinquanta persone) e conforto, dialogo per qualche ore (circa una ventina) .

Una riposta ad un bisogno particolare lo stiamo offrendo, da diversi anni, con il Doposcuola. Quest’anno l’abbiamo iniziato due mesi prima, a settembre, per rispondere ai bisogni dei più poveri: è gestito dalla nostra parrocchia: totalmente gratuito, sia nelle iscrizioni, sia nella cancelleria, e nel merendino, e vi sono ragazzi e a adulti che, volontari, gratuitamente con passione e responsabilità e competenza, danno il loro servizio prezioso. Offre un servizio alla società, anche se non viene reclamizzato e non trova spazio nella stampa locale, accogliendo trentina di bambini delle elementari e ragazzi delle Medie: per motivi di spazio non abbiamo la capacità di accogliere tanti altri che ne fanno richiesta.

Da quando abbiamo posto la cesta in chiesa per la raccolta di alimentari di lunga conservazione abbiamo notato un aumento di persone che depongono l’offerta. Dal 1 di marzo al 31 di dicembre 2020 abbiamo raccolto e confezionato n.200 cestini viveri pari a € 25 circa per un totale di € 5.000,00. Con € 2.000,00 di offerte ricevute abbiamo confezionato altri n.80 pacchi di viveri. E poi vi sono aiuti per acquisto di farmaci, pagare bollette, interventi vari e sono tante le richieste. Tutto questo non va ad intaccare o intralciare quanto Organismi ed Istituzioni stanno operando nel territorio sandonatese, quanto invece un tentativo concreto di individuare ed intercettare quelle domande ‘nascoste’ di necessità e di bisogno reale, che non emergono, per tanti motivi, dai registri ufficiali, e in nome di una propria dignità, di un rispetto di situazioni particolari, familiari, rimangono nascosti, ma ci sono e desiderano non essere trattati per ‘poveri’ e quindi essere classificati, schedati, etichettati, a fronte anche di coloro invece che incuranti di tutto questo, vivono di questi espedienti e ne approfittano di una, forse anche nostra, pietà cieca e frettolosa, forse, basata su sensi di colpa o per mettere in pace la propria coscienza. Occorre approfondire con umiltà e pazienza questa realtà ‘nascosta’.

E’un capitolo doloroso: occorre crescere anche come comunità in questo ambito della ‘carità’ per non limitarsi all’elemosina, che tutti possono liberamente fare, ma per vivere la carità che domanda di assumere altre dimensioni e di fare altre scelte. Per il momento vado io personalmente in casa di queste persone, la sera, quando non c’è la luce del sole, per evitare, per quanto possibile, lo sguardo indiscreto e i pettegolezzi diffamatori di coloro che invece di far silenzio, diffondono causando ulteriore sofferenza alle persone coinvolte in queste situazioni di bisogno. Certamente anche queste persone sono invitate a crescere e maturare accogliendo nella carità la visita di altri fratelli che non sia il sacerdote, ma per il momento, in attesa di maturare assieme, a fronte di urgenze, questo servizio di consegna lo svolgo io con fatica, personalmente e in silenzio.

Dovremmo crescere come comunità nell’offrire disponibilità e tempo per visite periodiche a persone sole in casa; disponibilità di mezzi per accompagnarle alla spesa o dal medico o altro, e competenze per piccioli aiuti gratuiti e rispondere con competenza alle prime necessità nella fraternità, cioè occorre aprirsi non solo ponendo gesti di generosità ‘una tantum’, ma assumere spazi e tempi di condivisione concreta, operativa.

Ma ancora non basta; per diventare una chiesa povera con i poveri occorre rendere trasparente la fraternità ecclesiale e autentico il vissuto ecclesiale. E questo accade anche quando la carità non è solo relazione di aiuto, ma liberazione dal bisogno, accoglienza e cammino insieme come fratelli. Occorre diventare Chiesa testimonianza del Vangelo della carità dove il povero è accolto non solo aiutato, il debole riceve prossimità ed ascolto ed accoglienza e non solo consolazione, la persona ferita è accompagnata e non solo curata, e chi ha il cuore incerto trova pane di vita per nutrire lo spirito nel travaglio della vita contemporanea. Occorre crescere in modo che la carità non resti elemosina, nel senso che chi la fa si trova sempre un gradino più in alto di chi la riceve. Occorre metterci tutti sullo stesso piano: perchè la vera carità è reciproca: un dare e ricevere contemporaneamente. Noi come comunità siamo invitati non solo a fare l’elemosina ‘una tantum’, ma a vivere sempre di più la ‘carità’ del Signore.

Intanto: questo è il tempo per il nostro grazie a Dio

E intanto stiamo ancora vivendo confinati, tagliati fuori dalle decisioni, impediti negli spostamenti, guardati a vista, impauriti di essere ancora contagiati da altri, e drammaticamente sicuri solo di noi stessi, non degli altri, dimenticando che anche gli altri pensano la stessa cosa di noi. Così non si va da nessuna parte, implodiamo e affoghiamo tutti nel nostro egoismo.

Il peggio di questa crisi che stiamo vivendo, penso, sia il dramma di sprecarla. Tutti parliamo della crisi in atto, ma nessuno, sembra, cambia. Pensiamo per un attimo alle affermazioni che sentivamo nella prima fase della pandemia: ‘nulla sarà come prima’, ‘dobbiamo cambiare stili e modi di vita’. Non appena tra giugno e settembre abbiamo potuto ‘ritornare alla normalità’, non è cambiato nulla, anzi. Questo è un segnale preoccupante. Quindi c’è il serio rischio di sprecare la crisi che stiamo vivendo. La ‘normalità’ si è fatta ‘anormale’ o forse non sappiano ancora cosa sia realmente il ‘normale’ la ‘normalità’. Non si tratta di ristabilire la normalità’ vissuta prima della pandemia. Percepiamo però che l’egoismo del nostro mondo ricco ha sperimentato la violenza delle varie società rivolgersi contro di sé. E di questo purtroppo nessuno è immune. Il rischio allora consiste nell’affrontare la crisi senza vero cambiamento concreto. Occorre scoprire che la vulnerabilità è orizzonte pratico che aiuta ad affrontare la realtà da una prospettiva rovesciata, cioè, evangelica.

Occorre una riflessione per riprendere con speranza il cammino. Il nostro Vescovo al riguardo, nella sua Lettera Pastorale prima citata: ‘Saldi nella speranza ‘, afferma che “questo non è il tempo per elaborare progetti o percorsi diocesani, è invece tempo da vivere da discepoli di Cristo nel nostro tempo e in questa nostra situazione, in questa profonda incertezza e imprevedibilità”. Questo “è il tempo per cogliere la vita come dono, fragile e meraviglioso. Posso subirlo e viverlo come condanna, oppure posso accoglierlo con lo stupore di un bimbo che riceve un dono inaspettato e bellissimo”.

Quello che stiamo vivendo, quello che ci è donato da vivere è un periodo prezioso, periodo da vivere cercando di comprendere la realtà con il cuore: un tempo donato, offerto, forse non per la raccolta, ma per la semina; o forse neanche per la semina , ma per la aratura del terreno, o forse questo è un tempo per togliere dal terreno i grandi e pesanti massi che impediscono di arare il terreno per una semina feconda di buon raccolto: tempo da vivere come dono da offrire: qui sta il nostro presente gravido di futuro: di questo e di tutto il ricevuto come dono in quest’anno diciamo grazie all’Autore, il Dio con noi, nel nostro umile, sincero comunitario ‘Te Deum’.