Omelia di Don Edmondo Lanciarotta – parroco
Celebriamo oggi la Pasqua di Gesù con i suoi amici: ‘Ho desiderato ardentemente fare pasqua con voi’.
In quel banchetto si celebrava la pasqua degli ebrei, il banchetto fatto prima di attraversare il Mar Rosso, che segna per il popolo di Dio, il passaggio dalla schiavitù alla liberazione. E Gesù in quel banchetto ha voluto consegnare se stesso nel pane spezzato e nel vino versato ai suoi amici, prima della sua morte, che segna il passaggio dalla morte alla risurrezione. E con questo dono Gesù istituisce il sacramento dell’ordine, il sacerdozio, e consegna il comandamento dell’amore.
E noi oggi, celebriamo tutto questo: banchetto che riassume tutta la vita di Gesù.
Celebriamo un’unica sola grande storia, la storia di Dio con gli uomini: storia iniziata con la creazione, proseguita con la risposta di Abramo alla chiamata di Dio, poi con la liberazione del popolo dalla schiavitù d’Egitto, fino a Gesù, che con la sua vita, passione, morte e risurrezione salva definitivamente l’uomo dal peccato e dalla morte.
Questa storia continua con e in ciascuno di noi, grazie appunto al mistero che celebriamo. Diventiamo protagonisti, attori, partecipi dell’azione salvifica di Dio, in modo che questa storia diventi la nostra storia, la storia di Dio che ci salva.
In quel banchetto, Gesù si è consegnato ai suoi discepoli nel pane e nel vino: ai discepoli che lui aveva scelto, anche se si presentavano poveri uomini, deboli e fragili, alcuni anche traditori, altri rinnegatori, ladri, invidiosi, ambiziosi, orgogliosi, impauriti, atterriti, angosciati, fragili, deboli, poveri… peccatori, eppure Gesù si consegna a loro.
Come allora, anche oggi a noi tutti, qui radunati, Gesù consegna se stesso nel pane e nel vino, si fa nostro cibo, nostro nutrimento perché noi viviamo della sua stessa vita, partecipiamo della sua vita divina, diventiamo perfino il suo stesso corpo.
Come allora, anche oggi, Gesù dice: ’fate questo in memoria di me’. Cosa vuol dire? Non solo ripetere, rifare il gesto, cioè mangiare e bere, ma consegnarci nel pane e nel vino, o meglio, fare della nostra vita quello che Gesù stesso ha fatto, cioè un dono d’amore a tutti: spezzare la nostra vita per amore ai fratelli, versare la nostra vita, consumare la nostra vita per amore dei fratelli che incontriamo ogni giorno nel nostro cammino.
Consumarci per amore, spezzare la nostra vita, dare tutto noi stessi per gli altri, considerati e riconosciuti nostri fratelli, come Gesù stesso ha fatto e grazie allo stesso Gesù, che ci mette nelle condizioni di poterlo fare.
Durante quel banchetto pasquale Gesù per evidenziare ulteriormente questo gesto, che riassumeva la sua vita ed era anticipo del suo ultimo sacrificio, ha posto un altro segno; la lavanda dei piedi.
Ha voluto lavare i piedi dei suoi amici: gesto che sintetizzava tutta la sua vita che è stata a servizio di tutti; un gesto profetico per far comprendere la presenza di Dio e per invitare i suoi discepoli a fare altrettanto, in modo che tutti i suoi, cioè la chiesa, ed anche noi, possiamo mettere la
nostra vita a servizio gli uni degli altri. Gesù con quel gesto si è inginocchiato davanti ad ognuno dei suoi discepoli, senza differenza, e desidera che anche noi facciamo lo stesso,: cioè, ci inginocchiamo davanti ad ogni uomo e donna che incontriamo, senza differenze; diventare chiesa
che si prende cura di ogni uomo e donna, chiesa che sempre si mette alla scuola del suo ‘Maestro e Signore’, sempre serva.
E questo servizio pieno, totale, gratuito, fino al dono di sé è possibile solo se mangiamo il pane di vita e beviamo il calice della salvezza, cioè solo se ci nutriamo della vita di Cristo, se ci cibiamo dell’eucaristia.
Fratelli e sorelle, tutto questo è straordinario, ma per comprenderlo occorre assumere un nuovo atteggiamento.
Tutti noi constatiamo la difficoltà e la fatica a mettere la nostra vita a servizio degli altri; tutti constatiamo che non è facile lavare i piedi agli altri, non è facile prenderci cura degli altri, metterci a servizio degli altri. Ma è ancora più difficile lasciarsi lavare i piedi, cioè lasciarsi fare da Dio, cioè avere bisogno di Dio, di perdono, di tenerezza, di amore.
Infatti, non è facile perdonare, amare, servire, ma è ancor più difficile lasciarsi amare, lasciarsi lavare i piedi da Dio.
Qui fratelli e sorelle, tocchiamo il nucleo centrale, il vertice: non siamo noi i protagonisti di questo metterci a servizio gli uni degli altri. Infatti, ci illuderemmo in modo pericolosissimo pensando di esser bravi perché ci mettiamo a servizio degli altri e facciamo della nostra vita un dono, perché, metteremmo al centro noi stessi.
Occorre invece riconoscere il primato di Dio nella nostra vita, sempre. Cioè riconoscere che viene prima il desiderio di Dio di prendersi cura di me, la sua passione di lavare i miei piedi, il suo instancabile farsi nostro servo; e tutto questo per amore divino ed incomprensibile umanamente.
Occorre quindi che ognuno di noi difronte a questa proposta di Gesù, non faccia ostacolo, come lo ha fatto Pietro, ma accolga la proposta di Gesù. Occorre che noi ci lasciamo fare da Dio, ci lasciamo amare da Dio in Gesù.
Solo se ci lasciamo amare da Lui, se ci lasciamo purificare dalla sua bontà, se ci lasciamo guarire e salvare dalla sua misericordia avremo parte al suo amore: occorre aver bisogno di Dio, di amore, lasciarci amare, diventare mendicanti di amore. Solo così il suo amore ci rinnova, ci ricrea, ci fa creature nuove, pasquali, divine, capaci di vivere in modo nuovo, pasquale, divino, in questa nostra vicenda umana: solo così saremo capaci di testimoniare al mondo il suo amore, e saremo resi capaci di lavare i piedi agli altri, con gratuità e libertà, con gioia e passione, fino alla fine, proprio come e grazie a Gesù.
I discepoli, gli amici di Gesù, in quell’ultimo banchetto erano uomini poveri e miseri, peccatori e fragili, orgogliosi ed invidiosi, traditori e rinnegatori: ciò nonostante Gesù li ha chiamati e considerati ‘amici’: anche oggi qui e per sempre noi siamo, ognuno con le proprie miserie ed infedeltà, cattiverie e peccati: pur tuttavia, chiediamo la grazia di sperimentare per prima ed immediatamente non la nostra condizione misera, ma la chiamata di Gesù ad essere suoi amici: e così comunicando alla sua stessa vita, possiamo essere messi in condizione di poter vivere la sua stessa vita divina nella nostra vita umana, storica, quotidiana: infatti, noi diventiamo ciò che mangiamo: se mangiamo amore diventiamo amore, se mangiamo perdono diventiamo perdono, se mangiamo misericordia, diventiamo misericordiosi, se mangiamo la vita di Gesù che si è donato e consumato per amore fino alla fine, anche noi possiamo fare della nostra vita un dono d’amore, consumarci fino alla fine, donarci a Dio e ai fratelli: appunto come Gesù e grazie a Gesù, proprio perchè mangiamo il suo stesso corpo in questa eucaristia, in questo banchetto, che diventa il banchetto della fraternità.
Tutti noi sperimentiamo la fatica del vivere quotidiano secondo il vangelo di Gesù: il pane che mangiamo ci dà la forza e la grazia per continuare a vivere seguendo Gesù: non si tratta di diventare solo persone buone, giuste, generose: tutte le persone lo possono diventare, e ce ne sono tante anche fuori da questo luogo.
Ciò che è straordinario, e che diventa dono e grazia, è vivere come Gesù è vissuto, assumere quanto prima gli atteggiamenti di Gesù, far nostri i suoi sentimenti, comportarci come si è comportato Gesù nei confronti di Dio e di coloro che incontriamo ogni giorno nella nostra vita.
Allora, fratelli e sorelle, mangiamo questo pane, cibiamoci di questo corpo, partecipiamo al banchetto, e così prendiamo forza per seguire Gesù sulla via dell’amore, dell’amore che soffre e si dona, anche sulla via crucis; smettiamo, allora, quanto prima, di pensare di poter bastare a noi stessi, di potercela fare da soli; sentiamo quotidianamente l’invito di Gesù a partecipare al suo banchetto e rispondiamo sempre al suo invito, non solo quando abbiamo bisogno, o quando ci sentiamo a posto, o quando non abbiamo niente altro da fare, o quando dobbiamo chiedere qualcosa, o quando emotivamente, sentimentalmente pensiamo di fare cosa gradita a Dio.
Mettiamo al primo posto il desiderio di Gesù di fare pasqua con ciascuno di noi, cioè di donarci la sua stessa vita ed il suo amore, gratuito e totale. Così se noi liberamente e gratuitamente accogliamo il suo invito saremo messi nelle condizioni di poter diventare sempre più suoi discepoli che lo testimoniano nella storia quotidiana, riscoprendo la bellezza della fraternità, di essere e di vivere gli uni gli altri con lo stesso amore con cui Gesù ci ama.
Nessuno di noi sa fin dove l’amore lo porterà, fin dove sarà capace di seguire Gesù sulla via dell’amore, della ‘via crucis’: cioè a fare della propria vita un dono d’amore fino alla fine: infatti, tutti noi resteremo sempre bisognosi di amore, mendicanti d’amore e Gesù è il ‘pane di vita’ che sfama ogni nostra fame e ci dona la vita eterna.
Preghiamo perché in questo tempo di grandi crisi, causate dalla pandemia e dalla guerra, o meglio, dalle tante guerre dimenticate, ma reali e drammatiche, l’eucaristia che ci viene offerta diventi occasione di grazia per fare esperienza di Dio che si inginocchia di fronte a noi e consegna tutto l’amore di Dio.
Tra poco ci toccherà nell’eucaristia, prenderemo il suo corpo: noi che in questi tempi abbiamo ancora paura di toccarci, smarriti per la paura di essere infettati, angosciati, sempre in difesa, distanziati: ebbene il Signore ci tocca e veniamo rigenerati per trovare nuove modalità, per continuare a vivere come suoi discepoli.
Gli adolescenti presenti, che accolgono l’invito a celebrare oggi la ‘comunione solenne’, possano riscoprire la bellezza della loro messa di prima comunione e poterla rivivere non solo oggi, ma sempre. E tutti noi: preghiamo perché le nostre messe quotidiane, settimanali, possano essere
sempre la ‘nostra messa di prima comunione’, perché in ogni messa non c’è ripetitività, consuetudine, ritualità, ma sempre originalità, specificità, unicità, vissuta con lo stupore e la meraviglia di uomini e donne che sperimentano che Dio si perde per ciascuno di noi.
Quindi l’espressione di Gesù a Pietro è per tutti: ‘Tu ora non lo capisci, lo comprenderai dopo’. ntanto lasciati amare, intanto lasciati lavare i piedi, intanto lasciati nutrire, intanto lasciati amare da Dio, e poi la comprensione arriverà. Con fiducia.