Omelia di Don Edmondo Lanciarotta – Parroco
Celebriamo oggi la Messa di Prima comunione per novanta bambini: festa grande, stupenda: festa piena di gioia, per questi bambini, per i loro genitori e familiari tutti, gioia e festa per tutta la comunità: occasione stupenda per riscoprire il dono di Gesù, il dono del ‘pane di vita eterna’, il dono del suo corpo e del suo sangue, cioè della sua vita.
L’origine della messa di prima comunione, è il ‘Banchetto del Signore Gesù con i suoi amici nell’ultima cena, il giovedì prima della sua passione e morte in croce. La messa di prima comunione, allora, è nata, ha avuto la sua origine in quella data, in quel drammatico e stupendo giovedì, che noi chiamiamo ‘santo’, quando Gesù in occasione della festa principale del popolo ebraico, cioè la Pasqua, memoriale della liberazione del popolo dalla schiavitù dell’Egitto, ”ha ardentemente desiderato celebrare la pasqua con i suoi amici”, invitandoli al banchetto.
Ritorniamo, allora, per quanto possibile a quell’evento, e cerchiamo di cogliere alcuni aspetti, alcuni frammenti, alcune ‘briciole’ del mistero di quella cena di Gesù con i suoi amici, in modo che possano essere nutrimento e luce per il nostro cammino, la nostra vita quotidiana. Gesù prima di morire in croce Gesù ha voluto consegnare ai suoi amici tutto il suo amore, tutto il bene di Dio, ‘ogni ben di Dio’. Gli amici suoi, allora, in quel momento della loro vita, non è che fossero buoni e bravi: alcuni di loro erano ‘capricciosi’, altri erano invidiosi, ladri, bugiardi, altri orgogliosi, gelosi, violenti, altri amavano ricevere onori e privilegi. Ma Gesù non guarda il comportamento di costoro, li ama lo stesso, li sceglie, li chiama vicino a sé e dona a tutti indistintamente e indipendentemente dal loro comportamento e sempre il suo amore.
E in quella sera, durante la cena consegna loro nel pane e nel vino tutta la sua vita, tutto il suo amore. Dice loro: ’prendete questo è il mio corpo…prendete e bevete questo è il mio sangue’. Tutto questo è la sua vita. Poi continua:’ Fate questo in memoria di me’. Così, i discepoli dopo la pasqua, di otto giorni in otto giorni, di settimana in settimana, hanno fatto proprio questo. Hanno preso il pane e lo hanno spezzato tra di loro, e un po’ alla volta si sono fortificati, si sono nutriti, hanno mangiato il corpo del Signore, ci sono nutriti del suo amore, sono cresciuti, sono diventati più buoni e gentili, più forti e coraggiosi, più generosi e pazienti. Hanno mangiato il dono di Gesù e sono diventati proprio come Gesù. Perché mangiando il corpo di Gesù si diventa corpo stesso di Gesù e ci si comporta come Gesù. E così, da quel momento: ‘Fate questo in memoria di me’ sono passati secoli e millenni ed arriviamo ad oggi. Infatti tra poco il sacerdote fa quello che ha fatto un tempo Gesù. E noi, mangiando il pane che ci viene donato durante la messa in questo banchetto possiamo vivere la vita stessa di Gesù e comportarci come si è comportato Gesù e così, di domenica in domenica abbiamo la grazia di scoprire e vivere il dono di Gesù e di vivere come Gesù.
Tuttavia, sperimentiamo che non è facile: sarebbe bello vivere sempre felici e contenti, offrire il perdono a tutti e sempre, essere onesti, sinceri, generosi, obbedienti in ogni circostanza, pazienti e sereni in ogni situazione anche in quella più difficile: ma questo ci è difficile, talora impossibile. Ci chiediamo se e come possiamo vivere la vita stessa di Gesù, cioè vivere il suo dono nella nostra vita. Il segreto è nutrirci sempre, mangiare sempre di questo pane: mangiare e mangiare di domenica in domenica. In questo modo accadrà anche per noi quello che è accaduto ai discepoli sono diventati persone adulti nella fede, forti nelle prove, superando tutte le difficoltà. E come non è possibile andare in montagna, fare lunghe passeggiate e scalate e camminare, andare per i rifugi senza pane ed acqua, cioè senza il nutrimento, così non è possibile crescere nella fede, vivere la vita cristiana senza l’alimento, senza il pane che ci viene offerto da Gesù. In altre parole non è possibile essere buoni, gentili, pazienti, onesti, generosi, cioè vivere la vita di Cristo, vivere da cristiani senza il nutrimento del pane, senza il cibo spirituale, senza l’Eucaristia, senza la partecipazione alla Messa domenicale: sarebbe un’illusione. Come sarebbe illusione pensare di andare a scalare le montagne senza pane ed acqua. E’ un’illusione, resterebbe una pia e buona intenzione, ma impossibile da realizzare. È una illusione pensare di vivere il vangelo senza l’Eucaristia.
Constatiamo, inoltre, che anche l’amore, la cosa più bella della vita, può venir meno: il cuore si raffredda, la volontà si paralizza, lo sguardo si intristisce, gli occhi si spengono, la speranza viene meno: occorre allora nutrirci dell’amore del Signore, mangiando il pane, mangiando l’Eucaristia, cioè nutrirci dell’amore del Signore. E questo dono è sempre a disposizione, è gratuito, è per tutti e per sempre. Gesù infatti allora ai suoi amici non ha detto: ‘prima diventa buono e poi ti do il dono’, oppure, ‘prima non fare i capricci e poi ti do il dono, oppure, ‘prima chiedi perdono e poi ti offro il dono’. Gesù invece dona sempre. Così chi accoglie il dono di Gesù entra in una nuova dimensione, il dono di Gesù trasforma tutta la vita, anzi ci trasforma in Gesù: l’amore di Gesù si fa cibo, si fa alimento e chi lo mangia diventa ciò che mangia. Spesso sentiamo la mamma dire al suo bambino: ’Ti voglio tanto bene che ti mangerei’. Espressione che indica un desiderio profondo di avere nell’intimo della propria vita il bambino stesso. Gesù, invece afferma proprio il contrario: Ti voglio così bene che desidero essere mangiato da te, desidero che la mia vita entri pienamente nella tua’. Di più ancora, mangiando l’eucaristia la persona che ci ama, Gesù, non solo rimane dentro il nostro cuore, ma desidera essere mangiato, essere gustato, stare dentro la nostra vita, desidera essere accolto da noi, desidera che noi ci lasciamo amare da lui.
Sempre in quella sera, in quell’ultima cena, Gesù per far comprendere ai suoi amici ancor più profondamente questa profonda realtà ha posto un segno, un gesto: la lavanda dei piedi. Pietro, inizialmente non voleva che Gesù gli lavasse i piedi. Poi, quando ha compreso che senza questo gesto non poteva ricevere l’amore di Gesù, ecco che accoglie il dono di Gesù, scoprendo che il senso profondo della vita non è tanto quello di amare, quanto quello di essere amato dal Signore, scoprire di essere amato così senza meriti e pretese, con gratuità e sorpresa.
E’ bello poter scoprire questo mistero d’amore anche tra le nostre relazioni, nell’amore tra la mamma ed il papà, tra lo sposo e la sposa: l’amore, realtà meravigliosa della nostra vita rischia di scomparire se ci si limita prevalentemente all’amare: ci si può stancare o si può rimanere delusi. Invece se e solo se facciamo esperienza di essere amati, ecco che si entra in una dimensione nuova, in una realtà inedita, nella realtà di Dio. Se non si fa esperienza di essere amati con sorpresa e stupore e meraviglia, anche l’amore rischia di scomparire. Tutti noi possiamo fare questa esperienza, quella di essere amati dal Signore mangiando l’Eucaristia. Qualcuno potrebbe affermare: ‘io non sono a posto per fare eucaristia’…oppure, ‘non mi sento di farla’…oppure, ‘quando mi sarò preparato adeguatamente la farò’.
Queste espressioni, pur buone, in fondo rivelano una drammatica realtà che impedisce di accogliere il dono gratuito di Gesù, perché al centro mettiamo la nostra situazione, la nostra volontà, la nostra condizione, il nostro io, invece di mettere al centro Gesù e il suo desiderio di offrirci il dono. In quella cena, abbiamo visto, che anche Pietro voleva mettere al centro se stesso e il suo orgoglio e rischiava di stare fuori dall’amore di Gesù; poi ha messo al centro Gesù, e anche se si sentiva ed era peccatore, si è lasciato lavare i piedi da Gesù, cioè si è lasciato amare da Gesù e così la sua vita è cambiata.
Quindi anche per noi, qui oggi ed in ogni eucaristia accade questa situazione: non dobbiamo concentrarci su di noi, sul nostro ombelico. Dobbiamo invece guardare il volto di colui che ci ama, di colui che desidera essere conosciuto, accolto da noi, che desidera solamente amarci. Alzare lo sguardo dal nostro ombelico e incrociare gli occhi di chi ci ama, mettere al centro non la nostra volontà, le nostre buone azioni, noi stessi, ma l’amore che ci ama e così entreremo nell’orbita divina.
E allora voi bambini, oggi riceverete per la prima volta questo dono, dono che è a vostra disposizione ogni domenica, in ogni eucaristia. Gesù desidera essere mangiato da voi ed avrete negli occhi e nel cuore lo stupore degli amici di Gesù che per la prima volta lo accolgono nel pane della vita. Così l’eucaristia ogni domenica è come una ‘fontana che zampilla’ sempre, non si ferma mai, è ininterrottamente aperta a tutti. Gesù ci aspetta sempre, come una ‘fontana che butta’ acqua sempre. Quanta acqua sprecata, quanto amore sprecato, quanto amore abbondantemente offerto a tutti noi da Dio e noi lo sprechiamo: ma l’amore non è sprecato; l’amore si moltiplica donando.
Ogni volta che andiamo a messa, sia per tutti noi sempre la nostra messa di prima comunione, scoprendo Gesù vuole che viviamo la sua vita, quella che abbiano ricevuto nel battesimo e che, alimentata quotidianamente dall’eucaristia, è destinata alla vita eterna.