Venerdi Santo 2 Aprile 2021

 

Omelia di don Edmondo Lanciarotta – parroco

La celebrazione liturgica della ‘Passione di Gesù Cristo’, ci inserisce nell’Ora di Gesù, in quell’Ora per la quale Gesù è stato mandato nel mondo dal Padre, nell’Ora definitiva del compimento del progetto d’amore di Dio per la salvezza dell’umanità.

E per evidenziare maggiormente l’unicità e la straordinarietà di quest’Ora la liturgia lo manifesta con alcuni segni, semplici, poveri, ma forti che interpellano le nostre coscienze ed aprono ad una nuova e sempre più personale e comunitaria professione di fede in Gesù Cristo: l’altare spoglio, il tabernacolo vuoto, assenza dell’Eucaristia, la croce distesa per terra, il silenzio che tutto e tutti avvolge.

E tutto questo, in un contesto storico-sociale caratterizzato dall’emergenza sanitaria di Covid-19 che ancora semina morte e sofferenza. Infatti, noi tutti qui presenti, siamo parte di questo popolo, della gente che ha ancora e sempre più paura del virus, con i cuori sempre più aridi e freddi, con la fiducia che sta sempre più barcollando e scomparendo, con la speranza che ancora sta bruciando inesorabilmente tutte le ultime scorte.

Anche noi qui riuniti, fatichiamo a riconoscerci non solo per le mascherine che coprono il volto, ma anche perché evitiamo ogni contatto, evitiamo la vicinanza e cerchiamo di stare lontani gli uni dagli altri per non essere contagiati.

E così percepiamo e respiriamo un’aria pesante di smarrimento, di paura, anche di angoscia: alcuni sono demoralizzati, altri abbattuti, altri avviliti, altri stanchi, altri sviliti, altri sfiniti. In mezzo a noi c’è chi ha perso il lavoro, chi non riesce ad arrivare con lo stipendio a fine mese, chi ha perso un proprio familiare o una persona cara, chi ha perso l’amore della propria vita, chi si sente lacerato, chi non riesce ad uscire dalla tristezza e dal terrore del contagi; c’è anche chi da questa situazione continua a fare i propri interessi, chi sta approfittando di questa crisi per arricchire ulteriormente.

In questa situazione personale e sociale entriamo nell’Ora di Gesù, desideriamo immergerci nell’Ora suprema di Gesù: abbiamo concluso la ‘Via Crucis’, meditando l’ultimo tratto di strada di Gesù, servo obbediente di Dio, nel suo cammino verso il Calvario, sostando in alcune tappe, contemplando l’amore misericordioso di Dio che giunge alla piena e definitiva manifestazione nel Crocifisso: la via Crucis, la via percorsa da Gesù Cristo, la via regale per la salvezza, la via regale della Chiesa, la via regale dei discepoli, la nostra via regale, l’ultima parola umana di Dio.

In Gesù Cristo che sale al Calvario obbediente al Padre, abbiamo intravvisto la piena e totale realizzazione delle Scritture, in particolare quelle riferite al ‘Servo di Jahwè raccontato nei quattro ‘Canti’ del profeta Isaia. Il servo cantato dal profeta era riconosciuto nel popolo di Dio, in Israele, cioè nel popolo oppresso, sofferente, sfigurato, senza aspetto, maltrattato, sfruttato, disprezzato, evitato da tutti, condannato, senza difesa. Gesù nella sua esperienza storica tante e tante volte ha letto e meditato e pregato questi ‘Canti del Servo di Dio’ del Profeta Isaia utilizzandoli come itinerario per conoscere meglio la volontà di Dio e per sapere come doveva realizzare la sua missione di Messia sulla terra.

Per trent’anni ha vissuto con Maria sua madre la condizione di povero (primo canto).

Nel Battesimo al fiume Giordano ha ascoltato la voce di Dio Padre che lo riconosceva figlio e gli affidava la sua missione (secondo canto).

Nella sua vita pubblica annunziò la novità del vangelo a tutti ricevendo come risposta insulti, contestazioni, violenza, ma non si è mai fermato (Terzo canto).

Incompreso anche dagli amici ha proseguito consegnando la sua vita fono in fondo: come il servo condannato a morte da un falso giudizio, senza testimoni, retava in silenzio, muto, come agnello, non rispondendo alle accuse, si caricò della sofferenza del popolo e morì dicendo: ‘tutto è compiuto’: così realizza tutto quanto detto dal profeta, divenendo così il vero ‘servo di Dio’ (quarto canto).

Sostiamo, contempliamo in preghiera Gesù che giunge nella sua ‘Ora’, così come ce lo presentano i vangeli: criticato, contestato, insultato, rifiutato, isolato, triste, che ha paura, angosciato, catturato, calunniato, condannato ingiustamente, rinnegato, tradito, abbandonato, ferito, disprezzato, reietto, deriso, oltraggiato, percosso, spogliato, tentato, flagellato, inchiodato, ridicolizzato, beffeggiato, sputato addosso, schiaffeggiato, violentato, giustiziato, crocifisso, morto in croce, sepolto.

Alcune di queste drammatiche situazioni possono anche raccontare momenti della nostra storia personale, del nostro vissuto e quindi possono illuminare meglio il senso profondo della nostra vita e della nostra sofferenza. E se continuiamo ancora a contemplare Gesù in quest’Ora scopriremo veramente chi è il Messia di Dio, scopriremo il vero volto di Dio, conosceremo meglio e in maniera definitiva chi è realmente il ‘servo di Dio’, Gesù.

Infatti, i vangeli annotano che in tutta questa situazione di violenza e di morte, Gesù guarda, osserva, tace, rimane fedele, obbediente, umile, si offre, si consegna, chiede di vegliare con lui, prega, consegna la madre al discepolo, e il discepolo alla madre, perdona i suoi uccisori, accoglie la preghiera del condannato, sperimenta l’abbandono di Dio, si affida al Padre.

In croce Gesù esprime un grido di abbandono ed una preghiera di perdono. Nell’abbandono del Padre si rivela la forza della fede nella vita. Sentirsi abbandonato dal Padre nell’Ora stessa in cui muore per obbedienza a Lui: questo è il mistero più grande della croce di Cristo.

Nell’Ora decisiva il Padre lo abbandona, scompare: tutto è sotto la minaccia del fallimento e della morte totale.

Proprio come i poveri della terra Gesù nell’Ora della morte resta solo ed abbandonato anche dal Padre. Ciò nonostante Gesù si abbandona al Padre; benché abbandonato, continua a credere che il Padre è con Lui. Gesù sa che il Padre gli ha consegnato la vita. E quindi anche se muore conserva sempre la vita divina.

Gesù sa che questo è il cammino che deve fare per conquistare la vita in abbondanza per tutti. Gesù crede che la sua vita crocifissa, abbandonata e torturata è più forte del potere della morte che lo massacra.

Questa è la vittoria: la nostra fede nel Dio della vita. Nel perdono totale e nell’abbandono appare l’insegnamento che Gesù ha appreso alla scuola del Padre vivendo in mezzo ai poveri della Palestina: un grido di abbandono e una preghiera di perdono.

Due eventi accaduti in quell’Ora suprema sul calvario che ci permettono di intuire come Gesù ha inteso la volontà del Padre espressa soprattutto nell’ultimo dei quattro ‘Canti del Servo di Jahwè’ raccontati dal profeta Isaia.

Oggi nella celebrazione viviamo quest’Ora di Gesù Cristo; preghiamo affinché lo Spirito che ha animato la sua vita, animi anche la nostra vita per entrare anche noi nella ‘nostra Ora’: nell’ora delle tenebre della sofferenza, della prova, della tentazione, della morte, per essere capaci di abbandonarci al Padre e di perdonare, sempre, e di morire affidandoci a Dio.

Chiediamo la grazia allo Spirito di Dio per essere capaci nella nostra ‘Ora’ di vivere come Gesù, che ha sperimentato la solitudine dell’amicizia perduta, la solitudine del condannato ingiustamente ed anche la solitudine di Figlio di Dio.

Infatti, per soffrire così intensamente l’abbandono di Dio bisogna non averlo mai lasciato e bisogna che Dio stesso sia presente nel cuore di suo Figlio per soddisfare questa sete inestinguibile, questa assoluta fiducia, questo dono totale.

Gesù appeso alla croce, incapace di fare altro che subire la sua Passione, resiste solo perché è nelle mani del Padre, ripieno di Spirito Santo.

E’ il Padre che sostiene con tutto il suo amore il Figlio allo strenuo delle forze, lo conduce alle infime profondità dell’abbandono, lo fa penetrare nella solitudine dei peccatori fino a morire della loro morte.

E’ allora, nel momento in cui sembra trionfare definitivamente, che la morte si vede sfuggire la vittoria e che la vittoria del Signore diventa la nostra. Portando fino in fondo la nostra solitudine Gesù Cristo fa della nostra rottura con Dio una adesione filiale, delle nostre divisioni una comunione fraterna.

Qui, oggi, in quest’Ora di Gesù, a cui è giunto Gesù, possiamo vedere e conoscere definitivamente, senza ombra di dubbio, chi è veramente Gesù, e contemplare in lui il realizzarsi dell’immagine evangelica del “chicco di grano che se muore produce molto frutto”, cioè la glorificazione di Dio e la salvezza dell’umanità. Gesù è e resta per sempre vita donata, corpo spezzato, sangue versato per la salvezza di ogni uomo e di ogni donna.

Contempliamo e adoriamo, allora il Cristo Crocifisso; lasciamoci attirare sotto la sua croce, rimaniamo uniti, sotto la sua croce, con Maria, che ritta, in piedi, silenziosa, addolorata, profondamente radicata nella Parola di Dio, continua a credere che questi è veramente il Figlio di Dio altissimo, onnipotente, il nostro Salvatore.

 

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