Omelia di Don Edmondo Lanciarotta – parroco
Stiamo vivendo un periodo storico molto difficile: la percezione che quotidianamente ci trasmettiamo è che in questi ultimi anni sembra tutto più difficile, più doloroso, più drammatico: siamo sprofondati nel COVID: siamo diventati tutti più fragili e drammaticamente sempre più isolati e soli.
Sembra di non aver imparato nulla dal COVID. E poi la guerra in Ucraina, e poi il conflitto israelo-palestinese che non ha pace, anzi, si sta estendendo al Libano, all’Iran a tutto il Medio Oriente, in una crescita di attentati e rappresaglie, con morti a centinaia e centinaia, sotto gli occhi di un’Europa sempre più divisa, di una chiesa, sempre più smarrita, e di un papa Francesco, sempre più lasciato solo a implorare la pace; compatito da molti, ignorato dai più, sopportato e sempre più contestato anche da tanti cristiani.
E poi attentati, violenze, uccisioni, femminicidi, focolai di guerre che crescono e si estendono in tutto il mondo. Per non parlare di fenomeni estremi, quali incendi, per la maggior parte dolosi, di alluvioni ad ogni fine settimana, di siccità sempre più estesa nel sud, e disastri aerei, incidenti nelle strade, e giochi estremi che portano alla morte tanti giovani: ormai uscire di casa è come andare alla guerra: non si sa se si rientra.
E così ognuno, arrabbiato con il mondo intero, deluso dalle istituzioni e dalla politica, è portato a rinchiudersi in se stesso e farsi giustizia da solo, sognando di potersela cavare da solo e pronto a difendere unicamente il proprio orto, il proprio individuale interesse, diventando sempre più sospettoso degli altri, vissuti come nemici e antagonisti, o comunque tollerati fino a che non entrano in conflitto con i propri individualistici ed egoistici interessi.
E la descrizione potrebbe continuare presentando venti drammatici, dolorosi, scandalosi…anche perché la stampa e i social non fanno altro che parlare e parlare di questi fatti di cronaca fino all’esasperazione, all’esaurimento, all’assuefazione, in modo che l’esito evidente resta sempre più la crescita esponenziale nella nostra società dell’indifferenza tra le persone, tra di noi e la perdita della fiducia reciproca e della speranza. E qualcuno tra noi, proprio perché viene in chiesa, pensa di non esserne intaccato da questo clima, da questa situazione di totale indifferenza.
Ebbene, in questa situazione storica di morte, di buio totale, ecco spuntate la luce splendente della solennità di oggi: Maria Assunta in cielo in anima e corpo. L’umanità è invitata a contemplare in Maria Assunta la sua destinazione finale: non più il male, il peccato, la morte, ma la vita piena nella gioia definitiva. Siamo invitati allora ad alzare lo sguardo dalle nostre ed altrui miserie umane, dalle violenze e dalle morti che ogni giorno insanguinano l’umanità, non per dimenticarle e far finta che non ci siano, ma con sempre maggior consapevolezza che anche la nostra meta finale, gloriosa e splendida è la stessa che Maria Assunta già vive.
E noi come comunità parrocchiale siamo in festa per questo motivo: ringraziamo il Signore Dio per le meraviglie che ha compiuto nella Beata Vergine Maria, oggi festeggiata Assunta in cielo ‘in anima e corpo’. La nostra comunità parrocchiale, infatti, è consacrata a questo mistero, straordinario e stupendo: per questo, in questo momento storico drammatico e doloroso, festeggiamo tutti insieme: è la nostra festa.
L’Assunta è la più grande festa mariana: celebra la conclusione, la pienezza, il compimento dell’esistenza umana di Maria: è la ricapitolazione di tutta la vita di Maria; è la meta ultima della sua esistenza; è il capolavoro di Dio, è l’immagine della chiesa; è ciò che Dio desidera per ciascuno di noi; è la meta ultima della nostra vita: tutto questo e ancora tanto altro. Così, questa festa, allora, diventa un ‘anticipo del paradiso’ a cui siamo destinati.
In questa festa patronale noi facciamo sintesi di tutte le feste che ci caratterizzano come parrocchia: tutto questo diventa dono da accogliere sempre e responsabilità da vivere, testimoniare e trasmettere alla future generazioni.
Il dogma dell’Assunta viene proclamato il 1 novembre 1950 da Papa Pio XII: sedici anni dopo , il 1 novembre 1966 agli inizi del Concilio Ecumenico Vaticano II, viene posta la prima pietra di questa chiesa per la nuova parrocchia nata il 31 dicembre 1962. Nove mesi dopo, il 15 agosto del 1967, festa dell’Assunta, viene celebrata la prima S. Messa; la solenne consacrazione di questa chiesa avviene il 9 maggio 1976. Quindi, siamo una parrocchia giovane consacrata a questo mistero professato nella chiesa
Oggi siamo qui per raccogliere questa storia, viverla e trasmetterla, e per invocare lo Spirito di Dio affinché si realizzi anche in noi il capolavoro che Dio ha realizzato in Beata Vergine Maria.
Ma per trasmettere alle generazioni future, occorre vivere in profondità questa festa, cercando sempre più di imparare da Maria che ha imparato anch’essa l’obbedienza, è cresciuta anch’essa nella fede in Dio, ha camminato nel suo percorso di fede.
Il Concilio infatti afferma che Maria ‘ha peregrinato nella fede durante la sua esistenza terrena’ e così è giunta ‘accanto al Figlio, Assunta, posta in trono vicino al Figlio suo Gesù’. Maria che noi invochiamo ‘checaritoméne’ (piena di grazia), ‘tota pulchra’ (tutta bella), è anche Colei che ha seguito il Figlio nella sua Via Crucis, fin sotto la sua croce, diventando così l’Addolorata, che ritta e in silenzio, vive il dolore del Figlio accogliendo pienamente e sempre la Parola di Dio.
Impariamo da lei a non vivere mai per noi stessi, ma ad essere protesi sempre verso il Figlio suo Gesù, a svuotarci continuamente di noi stessi, dei nostri interessi e del nostro orgoglio, per essere riempiti dello Spirito di Dio, obbedienti alla volontà di Dio. Impariamo dalla BV Maria a diventare sempre più credenti del Figlio suo Gesù.
La Beata Vergine Maria, infatti, è nella gloria del Figlio suo, perché ha creduto sempre in Dio. Anche se comprendeva chiaramente con la testa il senso della Parola di Dio, aveva il suo cuore sempre pieno della sua Parola, e questo le bastava per continuare a vivere ed amare. Questo dovrebbe accadere a tutti noi.
Oggi non è scontato credere nel Vangelo di Gesù Cristo: non è scontato credere in questo tempo presente secolarizzato e frammentato in cui la fede è una scelta libera accanto a tante altre scelte libere come anche quella di non credere.
Una scelta dei cristiani, quella di credere, che presenta tutta la sua fragilità a partire dalla consapevolezza che la parrocchia non è più al centro degli interessi delle persone, come lo era fin qualche decennio fa.
Un vivere la fede ancor più difficile in questo vuoto spirituale, in questo tempo, chiamato nichilismo, cioè in un tempo in cui viene affermato che non esiste alcuna verità assoluta, che sia valida per tutti. E chi fa questa affermazione non si rende conto che si contraddice: afferma che non c’è verità assoluta e nello stesso momento afferma l’esatto opposto senza prendere coscienza e quindi si dà per assodato che non esiste ‘la’ verità, ma resta vera quella propria: si cade nel relativismo e nell’indifferenza.
In questa situazione totalmente nuova non resta che continuare ad ascoltare la Parola, spezzare insieme il pane dell’Eucaristia domenicale e godere della fraternità condivisa per diventare sempre più chiesa, comunità di comunità di fratelli e sorelle.
Desiderare di ritrovarci insieme per ‘gustare la dolcezza dello stare assieme come fratelli e sorelle nel Signore’, curando le reciproche ferite personali (fisiche, morali, spirituali), raccontando le proprie esperienze di fede vissute in questo tempo, ascoltando le esperienze di fede degli altri considerati come membri della comunità, prendendoci cura gli uni degli altri, a partire dai più bisognosi, sperimentando la presenza del Risorto in mezzo a noi.
Tutti insieme, sotto il manto protettivo della Beata Vergine Maria Assunta: stare insieme stretti e uniti sotto il suo manto comporta anche sperimentare e gustare il sapore degli altri, forse anche l’odore o il mal odore che altri tramettono, e contemporaneamente prendere coscienza che anche ciascuno di noi trasmette il proprio odore, buono o cattivo: importante è sperimentare il dono della fraternità.
In conclusione solo tre suggerimenti:
- Diventare chiesa di cristiani ‘innamorati’ di Cristo e non cristiani abituali, soddisfatti, appagati, espressione usata da Papa Francesco. Diventare una chiesa in cammino, perché solo chi ama cammina. Una chiesa che non è spinta dal merito, che non opera per cercare interessi e favori, ma che vive del dono gratuito, della piena e totale gratuità. La gratuità infatti è al centro della Croce ed il segno rivelatore dell’amore di Dio. Solo guardando Dio, noi, come chiesa, impariamo come servire l’uomo. Solo chi ha incontrato Dio che è totale gratuità è in grado di aprirsi a sua volta alla gratuità verso chi incontra riconoscendolo come fratello e sorella. Diventare chiesa che continuamente nasce dalla passione per il Vangelo di Gesù.
- Diventare chiesa povera e amica dei poveri, che accetta di farsi consegnare dal Padre alla via dolorosa per amore del popolo. La scelta di partire dai poveri non è una scelta che esclude altri, né impegno di pochi, ma fedeltà al progetto di Dio ed esigenza di radicalità originata dal battesimo oltre che dovere di coerenza tra professione di fede e stile di vita. E anche qui a Mussetta sono tanti i poveri; non solo economicamente, ma poveri di affetto, di amicizia, di sorriso, poveri di dolcezza, di fiducia, di dialogo, di rispetto. Cerchiamo, allora di diventare ‘una ‘chiesa ospedale da campo’, come spesso dice Papa Francesco, una chiesa che cura le ferite dell’umanità e che assume la ‘conversione’ dello sguardo di tenerezza e di bontà verso tutti.
- Diventare Chiesa sentinella ‘fedele ed affidabile’, cioè fedele alla ‘Tradizione’ ed aperta all’inedito, consapevole che ‘la tradizione è la salvaguardia del fuoco, non l’adorazione delle ceneri’, capace di custodire il tesoro prezioso, il fuoco dell’amore, della speranza nel popolo che ripone in lei il ‘sonno’ del proprio riposo. Chiesa sentinella, cioè fedele ed affidabile che resiste nella prova e non modifica i propri punti di riferimento, che non molla. Un cristiano che non inquieta, non serve: un cristiano che non accetta ritenere più virtuoso il silenzio accomodante rispetto al confronto leale, anche se critico. Una chiesa che non si rinchiude nelle strutture che offrono una falsa protezione e nelle abitudini in cui ci si sente tranquilli e capaci di diventare giudici implacabili dei comportamenti altrui. Quindi essere vigilanti, ‘sentinelle’ di una nuova ‘aurora’ che sta per spuntare, con lo sguardo non al passato, ma al futuro per saper cogliere l’inedito di Dio nella nostra storia umana.
E la festa di oggi ce lo annuncia e trasmette ancora una volta in maniera solenne: Maria Assunta in cielo in anima e corpo è la primizia; anche noi abbiamo questa destinazione definitiva. Impariamo quanto prima a cogliere questa prospettiva, a guardare la vita e le cose quotidiane attraverso il senso e la presenza di Maria Assunta in cielo, che rivela e manifesta, ed annuncia la prima stupenda conseguenza anche per la nostra storia della risurrezione di Cristo. Questa realtà allora diventa lo spazio dove presente e futuro si fondono per testimoniare a ciascuno, oggi e domani, la via della salvezza.
Affidiamoci alla Beata Vergine Maria: è sempre dalla nostra parte, è sempre dalla parte dell’umanità: partecipe del destino di Dio, della risurrezione di Gesù.
Contempliamo Maria: e contempliamo il nostro destino: quello di essere chiamati ad esistere definitivamente in Cristo risorto, come lo vive Lei accanto al Figlio, nella gloria.