Omelia di Don Edmondo Lanciarotta – Parroco
Anche oggi è Pasqua: anche oggi attraverso il sacramento che celebriamo possiamo entrare nel Giorno di Pasqua, in quel giorno che non conosce tramonto.
Siamo messi nelle condizioni di diventare protagonisti degli eventi accaduti nel passato continuando così in noi, nella nostra vita quotidiana, la storia di salvezza operata da Dio attraverso il Figlio con la potenza dello Spirito Santo.
Il Vangelo ci riporta ancora alla sera di quel ‘primo giorno dopo il sabato’, il Giorno di pasqua, di quel giorno che si era aperto con le donne al sepolcro, la constatazione del sepolcro vuoto, l’incontro con l’angelo che annuncia che Gesù è risorto, la comunicazione delle donne agli apostoli richiusi in casa per paura dei Giudei, la corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro, e il loro ritorno in casa, increduli, dubbiosi, incerti, impauriti.
E intanto le ore di quel giorno passano inesorabilmente e sta scendendo la sera, e le ombre della notte stanno avvolgendo tutto e tutti: l’umanità sta ancora sprofondando verso la notte, una notte che fagocita tutto e avvolge l’umanità intera con la sua oscurità e paura e morte.
Eppure la Pasqua è iniziata, la Pasqua è accaduta, il giorno che non conosce tramonto è iniziato: ciò nonostante l’umanità sta entrando ancora in una notte oscura, piena di illusioni e delusioni. Siamo ancora nel contesto che la liturgia ci ha proposto domenica scorsa: lo fa per essere accanto a ciascuno di noi ancora increduli e impauriti, in questo nostro ‘giorno’ che oramai sta finendo e sta per essere fagocitato nel buio della notte più scura.
La Pasqua è esplosa, ma sembra, che nulla sia cambiato nella nostra vita personale, familiare e sociale; sembra che l’annuncio che Cristo è risorto non sia recepito in verità e profondità da ciascuno di noi, sembra che la paura e l’incertezza e lo smarrimento siano realmente padroni incontestati nei nostri cuori e nelle nostre esistenze.
- Mentre essi parlavano …Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: ’Pace a voi’,
Gesù in persona si fa presente ai suoi amici, si manifesta a tutti loro riuniti in casa, a porte chiuse; Gesù risorto prende l’iniziativa ed incontra i suoi amici, non perché se lo meritano, non perché si sono comportati bene, non perché possono vantare qualche diritto, non perché si sono comportati da amici, ma perché lui, Gesù, tratta tutti sempre come suoi amici, perché lui Gesù li ha scelti come suoi amici e quindi non può non stare con loro, farsi prossimo a loro, stare in mezzo a loro. E quando si presenta loro non li critica, non li castiga, non li condanna, non se la prende con il loro comportamento durante la sua passione, non recrimina nulla, ma dona la ‘pace’, cioè dona tutto il suo bene, dona tutto il suo amore, dona ogni ben di Dio vissuto e rivelato da Gesù nella sua esistenza umana fino alla morte e alla risurrezione: dona lo Spirito di Dio ai suoi amici. Gesù si fa vicino a ciascuno e a tutti, li conforta, li sostiene, si intrattiene con loro, li incoraggia, parla e mangia con loro.
- Sconvolti e pieni di paura credevano di vedere un fantasma
I discepoli, invece, sono sconvolti, hanno paura, non lo riconoscono, sono increduli: hanno lo sguardo rivolto al passato, sono bloccati nel loro comportamento ai giorni della passione di Gesù, non sanno darsi una spiegazione del sepolcro vuoto, non si fidano delle parole pronunciate dalle donne, sono turbati e dubbiosi. Gesù, che si fa loro vicino a loro, viene ritenuto un qualcosa che incute paura, come un fantasma, una realtà astratta. Poi alle prime parole di Gesù qualcuno inizia a gioire, ma rimane ancora incredulo, perché ritiene che sia una realtà meravigliosa, ma impossibile nella realtà.
Forse anche noi ci possiamo trovare in una situazione simile: la Pasqua è ‘scoppiata’, la Pasqua è ‘esplosa’: la luce del Risorto illumina il giorno, ma il nostro cuore è ancora nella notte, nel buio della notte.
Dicono che Gesù è risorto: sarebbe bello se fosse vero, sarebbe troppo bello, e quindi ci turba e, tutta questa situazione ‘strana’ ci impaurisce.
Ai discepoli ancora increduli per la gioia di vederlo lì con loro, vivo, risorto, Gesù fa vedere loro le sue mani e i suoi piedi, li invita a toccarlo: un fantasma non è concreto, reale. Gesù mostra i segni della sua passione e invita i discepoli a toccare questa sua umanità gloriosa, ma ferita.
Toccare vuol dire, avvicinarsi, farsi prossimo, toccare vuol dire prendersi cura, vuol dire coinvolgersi, compromettersi, partecipare intensamente alla vita di chi si tocca: toccare le ferite vuol dire coinvolgersi e compromettersi nelle sue ferite, fragilità, dolori.
Anche per noi accade questo: non possiamo riconoscere Gesù Risorto se prima non lo abbiamo vissuto, sperimentato sofferente, trafitto, umiliato, crocifisso, morto in croce.
Quindi se veramente Cristo è risorto, vuol dire che è risorto colui che prima era morto, ucciso, e trafitto.
Occorre che noi ci riconciliamo con le sofferenze e la morte di Gesù, lo riconosciamo vive e risorto attraverso le ferite che ancora porta nel suo corpo glorioso.
Occorre guardare le ferite della Passione ancora presenti nel Risorto: è risorto colui che è stato crocifisso: queste ferite sono ancora presenti nella nostra storia.
Occorre toccare queste ferite, riconoscere queste ferite presenti nell’umanità affranta e sofferente del mondo d’oggi per scoprire la presenza del Risorto in mezzo a noi.
Occorre riconoscere, compromettersi, coinvolgersi con il pianto e le sofferenze di chi patisce ogni giorno e soffre ingiustamente e piange e muore: sono le sofferenze del Cristo: occorre toccare, sporcarsi le mani, perdere tempo, prendersi cura, farsi carico.
Certamente questo invito di Gesù: ‘toccatemi’, cozza contro quanto stiamo vivendo e patendo in questi mesi di pandemia, ove il toccare è sinonimo di contagiare, e la lontananza è sinonimo di sicurezza e di vita.
Contraddizione drammatica e pericolosa che rischia di portarci, se non stiamo bene attenti e vigilanti, ad abituarci a rimanere ognuno nel proprio angolo di vita, lontano dagli altri per non toccarci, per non contagiarci ritenendolo come il bene da raggiungere, una situazione di benessere sicuro e di una vita beata: questo ci porterebbe inevitabilmente a rinchiuderci nel nostro egoismo dorato e a non riconoscere nelle sofferenze di chi ci sta vicino la presenza del Risorto in mezzo a noi.
Ma per realizzare questo, cioè per riconoscere il Cristo risorto nei segni della passione dell’umanità ancora ferita, vi è una condizione indispensabile: l’ascolto della Sacra Scrittura.
- Gesù, allora aprì loro la mente per comprendere la Scritture e disse loro: ‘Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà il terzo giorno…. Di questo voi siete testimoni”.
E’ quanto è accaduto ai discepoli: Gesù, pazientemente, ha spiegato loro il senso profondo e vero della propria esistenza attraverso le Sacre Scritture. E così sono passati dall’incredulità alla fede, dallo smarrimento alla fiducia, dalla paura alla forza, da membra disperse a membra unità in comunità, da sconfitti a testimoni credibili di Cristo Crocifisso Risorto, solo grazie all’ascolto prolungato, quotidiano, sincero, paziente…delle Sacre Scritture, che hanno riscaldato i loro cuori, irrobustito la volontà, illuminato gli occhi, infiammato i volti, facendoli diventare testimoni del Vangelo di Gesù Risorto.
Tutto questo, perché ciascuno di noi possa diventare testimone del vangelo del Risorto, non potrà non accadere anche a noi: occorre un ascolto quotidiano, profondo, lento, delle Scritture, un incontrare la comunità dei discepoli radunati insieme, la chiesa, e di otto giorni in otto giorni, riconoscere la presenza di Gesù che sta in mezzo a noi, che ci parla attraverso la Sacra Scrittura, che spezza il pane, che ci offre da mangiare, che riscalda il nostro cuore, che attende che cresciamo nella fede in lui.
La chiesa radunata, allora, nel nome del Signore, che ascolta la Scrittura e che spezza il pane e che vive la fraternità sperimenta indubitabilmente la presenza del Risorto. La chiesa radunata, anche se smarrita e fragile, incredula e dubbiosa, è e resta per sempre il reale luogo della fraternità in cui il Cristo Risorto è presente con i segni della sua passione e aspetta che lo riconosciamo vivo e operante nella propria storia.
Così, noi, considerati ancora e sempre da Gesù suoi amici, un po’ alla volta possiamo crescere nella fede, e diventare nel mondo d’oggi, gioiosi fedeli testimoni del Vangelo di Gesù, vivere pienamente la Pasqua del Signore, vivere sempre nel giorno pieno di luce della Pasqua, il giorno che non conosce più il tramonto.