Omelia di Don Edmondo Lanciarotta – Parroco
Dopo le Solennità (Pasqua, Ascensione, Pentecoste, SS.Trinità, Corpus Domini) la liturgia riprende il cammino ‘Ordinario’, evidenziato dal color verde dei paramenti, con la finalità di poter vivere il mistero ‘straordinario’ di Dio con noi, nella nostra vita quotidiana, nell’’Ordinario’ scorrere del tempo, fare cioè del tempo ‘ordinario’ il luogo ove accade lo ‘straordinario’ di Dio. Viene ripresa, così la lettura progressiva del Vangelo di Matteo, che dicevamo, all’inizio dell’anno liturgico, è caratterizzato da cinque grandi discorsi di Gesù, raccolti dall’evangelista. In altre parole l’evangelista raccoglie ed organizza il materiale a disposizione in cinque grandi capitoli della predicazione di Gesù, che diventano così ‘discorsi’.
Dopo il primo, detto delle ‘Beatitudini’, il discorso della montagna, il discorso programmatico di Gesù, i versetti del vangelo di oggi fanno parte del secondo discorso, detto ’apostolico’ o ‘missionario’. Sono indicazioni di Gesù ai suoi discepoli inviati in missione, inviati ad annunciare il suo vangelo alle popolazioni della Galilea. Sono consigli, orientamenti, modalità, attenzioni che il discepolo di Gesù deve assumere nella sua testimonianza di vita. I discepoli sono invitati a raccontare la loro esperienza di Gesù. E questo accade anche a noi. Noi che abbiamo ‘fatto’ pasqua, che abbiamo incontrato nella fede Gesù, che siamo e ci diciamo i suoi discepoli; anche a noi vengono oggi offerte queste indicazioni nella nostra testimonianza di Gesù: siamo cioè invitati a ‘raccontare’ agli altri, a chi incontriamo nella vita quotidiana, al bar, al lavoro, in famiglia, in ospedale, nel divertimento, la nostra esperienza di Gesù.
I fatti raccontati dal Vangelo evidenziano un periodo della vita pubblica di Gesù, che cominciava ad essere contestato, criticato, ostacolato nella sua predicazione: chi lo riteneva ‘indemoniato’, chi lo considerava ‘pazzo’, ‘fuori di sé’. E questo aveva delle ripercussioni di dubbio ed incertezza nei discepoli, un inizio di smarrimento ed incredulità. E Gesù consapevole che poi anche loro, dopo la sua risurrezione avrebbero trovato ostacoli e difficoltà e critiche e contestazioni, li prepara, appunto, a questa situazione. Gesù istruisce i discepoli, gli ‘apostoli’ alla missione, affrontando, come li sta affrontando lui, le critiche, le contestazioni, le difficoltà.
1. Non abbiate paura degli uomini.
Per ben tre volte Gesù invita i suoi a ‘non aver paura, a non temere’. Con insistenza lo ripete per tre volte. Lui che è contestato e criticato, ritenuto disobbediente alla Legge, indemoniato, invita i suoi amici a non temere. E l’Evangelista Matteo con la chiesa primitiva quando scrive il suo vangelo, diversi anni dopo queste parole di Gesù, si trovava proprio in situazioni simili, di critica, contestazione, di forte contrasto con il Giudaismo: così ritornano con verità i consigli di Gesù ‘Non abbiate paura degli uomini’.
E noi? In questo nostro tempo caratterizzato dalla ‘pandemia’? Immersi nella paura del contagio, nel terrore di contrarre il virus, angoscia per il futuro incerto, in situazioni di solitudine, isolamento, immersi nella paura di incontrarci, di ritrovarci. Forse paura di chi parla male, di chi ci contesta, ci ferisce nella dignità, di chi calunnia e dice falsità, ferisce il nostro onore e la nostra esistenza quotidiana. L’invito è a non aver paura, a non temere coloro che fanno di tutto per spegnere la speranza di una vita serena, di bruciare la fiducia nelle bontà delle relazioni, di rompere ogni solidarietà, di spezzare ogni fraternità . Certamente molti sono coloro che infrangono, rovinano, distruggono, inquinano, maledicono, incutono paura e terrore; e li incontriamo ogni giorno, negli ambienti che frequentiamo, nelle trasmissioni che assistiamo, nei messaggi che ci raggiungono, nelle conversazioni.
Che fare in questo clima cultura di sospetto e di paura in cui siamo immersi? Dobbiamo aspettare che passi la situazione? Dobbiamo aspettare che tutto sia finito per cominciare a sperare, a riprendere la così detta vita ordinaria? Oppure, siamo invitati a trovare la motivazione profonda di non aver paura, di saper vivere con serenità in mezzo a queste difficoltà e drammi che la vita presenta? Ebbene Gesù afferma di non aver paura.
2. Voi valete più di molti passeri
Occorre trovare la motivazione profonda per non aver paura, altrimenti queste parole cadono nel vuoto, diventano solo espressioni passeggere, che illudono e deludono. Occorre trovare il fondamento del non aver paura. Con brevi accenni l’evangelista indica il fondamento: Dio.
Il Dio che si prende cura di un passero, non può non prendersi cura di noi; Dio che conosce tutti i capelli del nostro capo, è un Dio che ci conosce fino in fondo. A questo Dio siamo inviati ad abbandonarci. Tutti siamo in mano a Dio, siamo in braccio a Dio: la nostra vita cade sempre in braccio a Dio E questo lo siamo fin dal nostro battesimo, siamo stati e lo siamo ancora e per sempre dentro l’abbraccio trinitario, un abbraccio divino che nulla e mani potrà strapparci. Proprio come un bambino in braccio a sua madre: è calmo e tranquillo, non ha paura di nulla. E’ in pace, indipendentemente dalla bufera che sta al di fuori di lui; lui è in braccio a sua madre.
Lo stesso dovrebbe essere per ciascuno di noi. Abbiamo in questo momento della nostra storia umana questa consapevolezza, che la nostra vita è in braccio a Dio? Che siamo in braccio a Dio; e che anche se ci sono bufere e tempeste al di fuori di noi, che oscurano la nostra giornata, nulla e mai potrà strapparci da questo abbraccio di vita? Più cresco con gli anni, più studio e rifletto, più comprendo che conosco poco o nulla della mia vita: ma che tutto si sta sempre più orientando verso una semplice e straordinaria consapevolezza, di essere ‘ciò di cui Duo si prende cura‘; io sono ciò di cui Dio si prende cura. E questo è meraviglioso: sperimentare di essere amati da Dio, di essere presi in cura da lui, di essere molto preziosi agli occhi suoi. Dio è colui che si prende cura di me, sempre, mi conosce in profondità, conosce tutto di me tutto, perfino i numero dei capelli. Noi siamo amabili, teneri, perchè siamo amati da Dio, siamo la sua tenerezza. Così con questa straordinaria esperienza la nostra vita ritorna a vivere, a riprendere forza e coraggio e vigore e serenità . Ecco la fonte, il motivo, il fondamento del non aver paura. Dio mi ama, sempre e la mia vita è dentro il suo abbraccio, il suo amore. Dio ci conosce bene, in profondità e gli stiamo a cuore e così la nostra vita cambia, si rinnova, cresce, si rigenera.
E come per un bambino: la mamma lo ama e lo segue sempre, quando sta bene: è felice e lo guarda e gli sorride; e quando sta male e si trova in difficoltà, non lo abbandona mai, anzi gli sta più vicino, appresso, lo sostiene nel momento della sofferenza, così e molto di più il Dio di Gesù Cristo: non abbandona l’uomo al suo destino, non lo lascia solo nella sofferenza e nella prova, gli è vicino: per questo non deve aver paura, non deve temere, mai. Prego ogni giorno perchè tutti noi possiamo sperimentare questa meravigliosa relazione di Dio che si prende cura di noi specie nel momento del dolore e della prova: Lui è presente: non dobbiamo aver paura.
3. Chiunque mi riconoscerà…anch’io lo riconoscerò:.. chi mi rinnegherà… anch’io lo rinnegherò
Queste brevi espressioni possono indurci in interpretazioni sbagliate, in considerazioni che distolgono la bellezza del volto di Dio misericordioso. Sembrerebbe un Dio che si comporta alla stregua degli uomini che se la prendono e pagano con la stessa merce di scambio. Tutt’altro. Non è Dio che si comporta come gli uomini, è invece l’impossibilità di Dio a donare la sua vita e la sua grazia e la sua salvezza e il suo amore a chi non la vuole ricevere. Se non riusciamo e non vogliamo riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita quotidiana, sia quando i fatti sono gioiosi e sereni, sia quando sono dolorosi e drammatici pieni di difficoltà e amarezze, non possiamo pensare di essere ricevuti da Dio nella vita definitiva: questo non perché Dio non vuole, ma perché noi non lo vogliamo e non permettiamo a Dio che operi in noi. Se uno desidera offrire il suo amore ad un altro e quest’ultimo non lo riconosce come amore, che cosa può fare? Nulla, il suo amore è impotente, è bloccato, paralizzato. Dio non può fare nulla di fronte ad un cuore che gli si chiude. Occorre riconoscere nella vita quotidiana, sia nelle gioie, come nelle sofferenza, la sua presenza, come Dio fedele e misericordioso. Occorre continuare a fidarci di Dio, a conservare la nostra relazione con lui; sperimentare la sua presenza, il suo abbraccio divino che sempre ci rigenera e ci rinnova e così scopriamo i essere amati da lui. E così ogni giorno di vita ordinaria diventa un meraviglioso evento straordinario di vita divina, perché amate e inserita nell’amore di Dio.